giovedì 2 giugno 2022
Ogni volta che vedo in tv la faccia di Putin, quei suoi occhi mi interpellano: un muro di vetro. Come si forma in un uomo uno sguardo così? Si sa che i suoi genitori passarono per l'assedio di Leningrado, e che sua madre, perso un figlio piccolo per gli stenti, cadde sfinita per strada e, data per morta, fu abbandonata in un cumulo di morti davanti a un cimitero. Il padre, ferito in battaglia e appena uscito dall'ospedale, passò di lì, e riconobbe la moglie. E si accorse che ancora respirava. Putin nacque anni dopo, ma una storia simile non può non lasciare un marchio addosso. Il fratello ucciso dalla fame, la madre portata al cimitero viva. Una storia come questa può generare odio e desiderio di vendetta. Ma anche, invece, gratitudine, per essere comunque venuto al mondo, dopo tanto male – quasi un miracolo, quell'essere la madre strappata ai morti. Forse, un ragazzo con una storia così si trova come davanti a uno scambio sui binari: quando fanno un "clack" secco, e il treno si instrada in una direzione, o in un'altra. Odio, o gratitudine? Sembrerebbe che lo scambio sia scattato nel verso infausto: che il male sia ripagato, tutto, al medesimo prezzo. Chissà se a quel ragazzo nessuno ha mai detto: tua madre si è salvata per un miracolo, e tu stesso, dunque, quanto da Dio sei stato voluto. Chissà, se dietro a quegli occhi quel pensiero è mai passato.
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