Un altro programma di cui non sentivamo la mancanza. E dispiace che la Rai, che nei giorni scorsi con gli stati generali ha ribadito a suo dire il fondamentale ruolo di servizio pubblico, definisca Le stagioni dell’amore «un innovativo dating show per over 60 in cui i protagonisti cercano l’amore con un meccanismo rivoluzionario e romantico», rivendicando pure un’originalità tutta italiana che non sappiamo proprio dove stia. Fare l’elenco dei format a cui assomiglia il programma condotto da Mara Venier il sabato alle 14.00 su Rai 1 porterebbe via troppo spazio. Di ricerche dell’anima gemella e di incontri più o meno al buio è piena la tv. Non basta pertanto l’idea del treno e men che meno quella degli “avatar” per definire un programma innovativo e rivoluzionario. Chi ha visto sabato scorso la prima puntata se ne sarà accorto. Agli altri raccontiamo che Le stagioni dell’amore (realizzato dalla Direzione Intrattenimento Day Time in collaborazione con Blu Yazmine e diretto da Alberto Di Paola e Giuseppe Bianchi) prevede che un ultrasessantenne (maschile esteso e quindi comprendente anche il femminile) possa conoscere tre coetanei di cui ignora tutto per avviare con uno di loro un’eventuale storia sentimentale (nel programma si parla addirittura di amore). La conoscenza, però, non avviene in modo diretto, ma attraverso quelli che vengono definiti “avatar”, ovvero giovani attori che impersonificano protagonista e pretendenti come se avessero vent’anni. A suggerire il dialogo e i gesti degli “avatar” sono, tramite un auricolare, i diretti interessati. In base all’impressione mediata attraverso gli altri se stessi, il protagonista (ancora maschile esteso anche perché tra l’altro a inaugurare la serie è stata una donna) sceglie chi dei tre pretendenti incontrare direttamente per qualche minuto e poi decidere in trenta secondi se continuare insieme il viaggio o scendere dal treno, perché appunto tutto si svolge all’interno di vecchi vagoni forse a simboleggiare che il convoglio dell’amore può passare a ogni età, basta salirci sopra. Ma l’idea che a oltre sessant’anni si possano vivere le emozioni e addirittura gli amori dei vent’anni è fuorviante, è giovanilismo esasperato, nonché banalizzazione dell’amore scambiato persino con la «sensazione a pelle» alla quale ci si affida alla fine di quei fantomatici trenta secondi in cui in teoria si dovrebbe decidere se avviare o meno una vita insieme a un’altra persona sia pure in tarda età. E pensare che alcuni dei partecipanti sono nonni e altri si augurano di diventarlo presto. Insomma, persone anziane che giocano a fare gli innamoratini mettono anche un po’ di tristezza, accentuata dal solito effetto nostalgia (si veda anche la cosiddetta colonna sonora dell’incontro) con cui la tv generalista pensa di tenersi stretto un pubblico sempre più avanti con gli anni.
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