Un’arte che la vita ci richiede, per vie diverse ma insistentemente, è quella di tramutare le aspettative in speranza. Dobbiamo riconoscere che tante volte, invece di essere un moltiplicatore di vita, le nostre aspettative diventano un’inconfessata spina nel fianco che ci trasciniamo per anni e anni. Siamo lenti a capire che le aspettative corrispondono alla proiezione dei nostri desideri, mentre la speranza si libra su di noi e ci coinvolge in una gestazione più grande, più generosa e polifonica. Facilmente le aspettative diventano creazioni astratte e illusorie, disegnate come forme ideali, determinate dalla nostra visione parziale. Mentre l’esperienza della fede, per esempio, ci fa abbracciare una speranza crocifissa, che si costruisce in direzione contraria al cammino lineare e senza scosse che avevamo previsto, e ci apre alle sorprese a cui l’amore concretamente ci conduce. Le aspettative sono una forma nervosa di intervenire nella realtà e di accompagnare gli altri. Senza rendercene conto, facciamo pressione, condizioniamo, riduciamo la vastità con il nostro stile affannoso. La speranza, invece, ci insegna a prendere il tempo come nostro alleato, poiché crede nel potere vitale di ciò che pare appena una briciola, quasi un niente. Ma ci sono briciole, infine, che si rivelano essere semi prodigiosi: il loro schiudersi riscatta la storia.
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