Dall'America anche la preghiera da dire il giorno delle elezioni
venerdì 11 novembre 2016
«Trump». L'interrogazione che rivolgo al mio robot aggregatore è abbastanza perentoria da non consentirgli tentennamenti, e infatti egli mi snocciola con una rapidità apparentemente superiore al normale il pacchetto di post che, nelle scorse 48 ore, la porzione di Rete con cui ormai convivo ha dedicato al risultato delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Sono un terzo del totale; non tutti, a leggerli bene, contengono riflessioni legate alla religione, ma tutti i loro autori traggono notoriamente dalla propria fede l'orientamento per ciò che scrivono.
Eppure la cosa che ho letto con maggior frutto non contiene né il nome Trump né il nome Clinton, ma quelli di Dio e di Gesù. Si tratta infatti di una «Preghiera del giorno delle elezioni» redatta dal gesuita James Martin, «editor at large» del settimanale della Compagnia di Gesù “America” e commentatore popolare e brillante di cose religiose su tutti i media statunitensi. L'ha tradotta il blog “Vino Nuovo” ( tinyurl.com/h5kwata ) dal sito della rivista ( tinyurl.com/gr9vvpg ).
La preghiera è costruita con perizia. Contiene prima la domanda di un voto libero dall'emotività. Poi l'appello alla coscienza, che dovrà essere memore dei Vangeli e dell'insegnamento sociale della Chiesa su vita, solidarietà e bene comune. Poi ancora quello a un sereno realismo («il mio candidato sarà imperfetto, proprio come me»), pur nell'apprezzamento per l'esercizio della democrazia («non tutti hanno questo privilegio»). Infine, ed è quel che più mi corrisponde di questa orazione, tenta di esorcizzare la demonizzazione delle «persone che stanno votando per qualcun altro», perché «anche loro stanno seguendo la propria coscienza». Infatti, sembra dire Martin, a fronte dell'unità che Dio vuole che costruiamo, anche quella elettorale, per quanto rilevante (non si prega per qualcosa che non si ritiene tale all'interno della vita di fede), è una «questione penultima».
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