In una scena del film Il settimo sigillo di Bergman, il cavaliere errante protagonista viene accolto da un gruppo di nomadi accampati sul mare. Una donna gli offre una tazza ripiena di latte e nell'ospite, che come noto è alla ricerca della verità, scatta immediatamente la domanda: è proprio impossibile conoscere Dio con i propri sensi? Per il teologo ortodosso Olivier Clément l'unica risposta si trova nella mistica e nella liturgia. Commenta infatti: «Nella liturgia il corpo diventa linguaggio. Esso ascolta la parola e attraverso tutta la gestualità ad essa risponde. In alcune liturgie, ad esempio nella Chiesa copta, per andare a fare la comunione ci si scalza, con gesto analogo a quello che si compie nelle moschee e in molti templi asiatici. Il mondo spirituale nella sua totalità si manifesta nella totalità del mondo sensibile».
Frasi che si possono leggere nel libro Teologia e poesia del corpo (Piemme 1997), un saggio ove colui che ritengo uno dei più grandi teologi del '900, marxista convertito al cristianesimo a 27 anni dal filosofo russo Berdjaev, rielabora le categorie di anima e di corpo volendo ridare dignità a quest'ultimo. Clément infatti rammenta come il cristianesimo sia la religione dell'incarnazione e della resurrezione della carne: «La distinzione biblica tra carne e anima non ha nulla a che vedere con il dualismo ellenico di anima e di corpo, nonostante innumerevoli confusioni storiche abbiano spesso reso il cristianesimo una sorta di platonismo popolare. L'uomo è composto di "polvere di mondo" – oggi forse si parlerebbe di "polvere di stelle" e di elementi biochimici – e di una presenza personale che il rende unità».
Nella Bibbia, l'uomo viene designato sia come "carne animata" che come "anima vivente", dunque «l'uomo non ha un'anima, egli è un'anima vivente; non ha una carne, è carne animata». La più antica tradizione patristica, quella orientale in particolare, testimonia questa reintegrazione spirituale della carne. Nel secolo scorso la questione poi è stata rilanciata con forza dai filosofi religiosi russi ma anche da francesi come Blondel e Péguy, che nella sua opera Eve scrive: «Il soprannaturale infatti è in sé carnale».
L'elogio del corpo e della materia spinge Clément a combattere il conflitto fra cristianesimo ed eros che storicamente ha prevalso, riducendo sic et simpliciter la carnalità a peccato. A suo parere la sessualità chiama in causa la persona e l'unione fra maschile e femminile. Quando Gesù rievoca l'incontro fra l'uomo e la donna che diventano una sola carne, sa che questa unità non designa solo l'unione fisica di due corpi, ma «l'intessitura di due esistenze». La sessualità è fondamentalmente buona, l'essenziale è che l'uomo e la donna ne divengano degni. Certo, Clément non ignora che anche nella sessualità, come in tutte le dimensioni ed espressioni dell'uomo, è possibile il travisamento. Ma per lui «il peccato sta piuttosto nell'incontro cieco, nell'ignoranza dell'altro in quell'atto che la Bibbia invece definisce conoscenza, sta nel volto trasformato in corpo laddove è il corpo che dovrebbe trasformare in sé il volto».
Nel momento in cui lo sfruttamento del corpo, soprattutto quello femminile, è diventato irrefrenabile, sarebbe importante elaborare una teologia della passione amorosa ed è quanto lo studioso ortodosso cerca di fare, nella consapevolezza che anche se il cristiano a volte è chiamato a dire dei no, come nel caso degli uteri in affitto, le proibizioni non hanno altro risultato che quello di rafforzare capricci e atteggiamenti prometeici: «Bisogna amare tutti, nessuno è maledetto. Il contrario del nichilismo non è il divieto, ma la fede».
Quello che Clément ha in mente, è un cristianesimo della libertà che prenda il posto del cristianesimo che nei secoli del moralismo, quelli della cristianità, era fondato sulla paura dell'inferno, sulla rivendicazione del potere e sull'ossessione della sessualità. Egli crede nello sviluppo di un cristianesimo rinnovato, che non separi più il sacramento dell'altare e il sacramento del fratello, una religione dei volti e della bellezza, «un cristianesimo che non cesserà di oscillare, fino alla Parusia, tra le forme più sottili del martirio e i segni più eclatanti di un divino-umanesimo».
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