Le aziende agricole sono sempre più strette nella morsa del credito e obbligate, più che in passato, a rivolgersi alle banche per finanziare la gestione ordinaria e la liquidità di cassa. È la fotografia impietosa scattata dall'Ismea ad un comparto che ha dalla sua grandi possibilità di far reddito e qualità, ma che deve combattere con la crisi della domanda interna, costi di produzione crescenti e una generale congiuntura avversa.I numeri che dicono tutto sullo stato del credito agricolo arrivano da un'analisi Ismea sui dati raccolti dalla controllata Sgfa (Società di gestione fondi per l'agroalimentare). Il credito agrario ha subìto nel 2012 una flessione di oltre il 22%, che si traduce in 613 milioni di euro in meno erogati al settore primario. Un salasso anche per imprese in grado di offrire garanzie solide alle banche, come quelle legate alla terra e alle immobilizzazioni rurali. Il dettaglio, poi, offre un quadro ancora più chiaro. Nell'ultimo trimestre 2012, il credito al comparto è stato tagliato di 40 milioni (-7% rispetto allo stesso periodo 2011), con una flessione di quasi il 20% dei prestiti di lungo periodo (che costituiscono la componente maggioritaria delle operazioni di credito agrario), una lieve crescita dei prestiti a medio termine e una vera e propria impennata (+75,5%) di quelli di breve periodo. Il significato dei numeri è semplice: anche le imprese agricole vivono ormai in una forte crisi di liquidità che comporta difficoltà nell'affrontare la semplice gestione aziendale ordinaria.Ancora più preoccupanti sono i dati che Ismea ha calcolato sul lungo periodo. Nell'ultimo quinquennio, il credito agrario ha accusato un'erosione media annua di sei punti percentuali, con il 2012 che ha visto il valore delle erogazione scendere al livello più basso dal 2008. I conteggi finali indicano, l'anno scorso, un monte-crediti all'agricoltura di 2,11 miliardi di euro, contro i 2,73 miliardi circa registrati nel 2011.Accanto a numeri di questo genere, poi, Ismea sciorina altre cifre sul fronte dei mercati agricoli. In febbraio, per esempio, è proseguita la flessione dei prezzi agricoli alla prima fase di scambio. Ismea rileva un calo complessivo dell'1,4% su base mensile, a cui contribuisce soprattutto l'aggregato delle coltivazioni (-1,8%) che accusa una prima battuta d'arresto dopo il trend al rialzo degli ultimi sette mesi. Certo, su base annua l'andamento - sia delle quotazioni riferite ai prodotti vegetali, sia di quelle degli animali - è invece positivo.Ma rimane un fatto: l'agricoltura stenta ancora a recuperare valore lungo la catena che porta i prodotti dai campi alle tavole dei consumatori. Di fronte a questa circostanza, a ben poco servono la grande qualità delle nostre produzioni e la comprovata maestria di gran parte degli agricoltori italiani. Detto in altre parole: qualità e capacità produttiva rischiano di venire annullate da un mercato che non le riconosce e da un sistema del credito che non riesce a sostenerle.
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