Quando il 9 gennaio 1514 morì Anna di Bretagna, il re di Francia Luigi XII, suo sposo, predispose un imponente e articolato cerimoniale funebre che durò quaranta giorni e che venne minuziosamente descritto nelle pagine di un prezioso codice manoscritto che conobbe grande fortuna in tutta Europa: dai primi riti officiati presso il Castello di Blois, passando per la lunga processione fino a Parigi e la Messa solenne nella cattedrale di Notre-Dame, per arrivare infine alla sepoltura presso l'Abbazia di Saint-Denis, ogni minimo dettaglio è stato riportato con dovizia di particolari. C'è solo un elemento su cui le cronache dell'epoca sono rimaste in silenzio: le musiche chiamate ad accompagnare le principali funzioni liturgiche che hanno scandito l'ultimo viaggio terreno dell'amata Duchessa di Bretagna.
Il direttore Denis Raisin Dadre ha inteso colmare questa lacuna riportando alla luce la bellissima Messe de Requiem scritta da Antoine de Févin (circa 1470-1511/12), cantore e compositore attivo presso la Chapelle du Roy. La scelta appare più che mai legittima dal punto di vista storico, considerata la prossimità del musicista alla vita di corte e l'alta stima tributata alle sue creazioni, ma si distingue soprattutto per la rilevanza della prospettiva artistica e spirituale: questo adattamento a cinque voci del Requiem (con due parti destinate al registro di basso) offre infatti un mirabile esempio del livello d'eccellenza acquisito dalla scuola polifonica rinascimentale di area franco-fiamminga, ma soprattutto del grado di profondità espressiva raggiunto dai suoi più illustri maestri (cd pubblicato da Zig Zag e distribuito da Jupiter).
La condotta interpretativa di Raisin Dadre e dell'ensemble Doulce Mémoire poggia le basi su un caldo e vellutato tappeto sonoro offerto da cornetti, flauti dolci e tromboni, che rivestono con una timbrica dalle sfumature brune il drappeggio delle trame vocali; il tutto sostenuto da tempi lenti e calibrati, idonei alla preghiera e alla contemplazione, imposti dall'interno dallo stesso respiro e dall'incedere solenne del canto. Perché il doloroso momento dell'estremo commiato reclama il suo tempo: non si può affrettare, ma solamente assecondare con il cuore aperto a una domanda di misericordia.
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