Un universo produttivo che significa miliardi di fatturato, occupazione e sviluppo. Anche in tempi difficili. Sono i tratti importanti dell'istantanea scattata dall'ultimo Rapporto dell'Osservatorio sulla cooperazione agricola. Un'indagine che dà anche un segnale positivo: nonostante la crisi, il sistema della cooperazione agroalimentare cresce, macina successi e può indicare molto al resto del comparto. Il fatturato consolidato delle coop del settore (quelle riunite sotto le sigle delle cinque organizzazioni nazionali di rappresentanza attive in campo agroalimentare Agci-Agrital, Fedagri- Confcooperative, Legacoop Agroalimentare, Unci e Unicoop), supera i 35 miliardi di euro, il numero di occupati arriva a 94mila unità, le imprese e consorzi cooperativi attivi nel nostro Paese sono 5.900. Si tratta, stando agli estensori della ricerca, di «un sistema produttivo ed economico saldamente in mano agli agricoltori, i quali gestiscono, dalla campagna al mercato, l'intera filiera agroalimentare». Un esempio, insomma. Vale la pena, quindi, capire più da vicino la natura di questo mondo. Alle 5.900 cooperative, risultano aderenti oltre 993mila soci, con una significativa incidenza di produttori associati a più cooperative specializzate nei diversi settori produttivi. Rispetto all'ultima rilevazione del 2008, è in crescita sia il numero di cooperative (+1,1%) che quello del fatturato (+2%): positiva anche la tenuta dell'occupazione (+0,5%) che risulta in netta controtendenza rispetto all'andamento del settore alimentare che, nello stesso periodo, ha fatto registrare una contrazione di occupati dell'1,7%. A essere rappresentati, di fatto, un po' tutti i comparti alimentari, ma a giocare la parte del leone sono quelli che fanno capo alla zootecnia e all'ortofrutta.Certo, rimangono delle diseguaglianze a livello geografico tra le aree settentrionali, che rappresentano l'81% del fatturato complessivo e quelle centro-meridionali. Ma anche qui la cooperazione piò insegnare qualcosa, visto che sono in crescita i casi di integrazione interregionale e anche quelli di realtà cooperative associate a più centrali per poter cogliere meglio le opportunità che si presentano su mercati diversi. Ciò che conta, poi, è la dimensione d'impresa delle singole realtà. Secondo Nomisma, infatti, il fatturato delle cooperazione agroalimentare è realizzato per l'80% da aziende di dimensioni medio-grandi. Così come conta il fatto che la gran parte delle coop abbia dimostrato una "tenuta" notevole dal punto di vista dell'equilibrio finanziario. Circostanze di non poco conto visti i rapporti sempre delicati fra sistema del credito e sistema produttivo, anche in agricoltura. Ma qual è l'indicazione di fondo che arriva dalla cooperazione agricola italiana? Quella di un modello, di un metodo di lavoro che, anche in circostanze sfavorevoli, può rappresentare la modalità giusta per affrontare meglio la crescita e lo sviluppo.
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