Non ho memoria, almeno ne ho sempre avuta poca. E questo è un problema, perché ricordare aiuta nella vita, specie se vuoi raccontare. Così mi arrampico sulle parole, battute su una tastiera però, che per me è più facile. Da quando avevo 16 anni, non ho fatto altro. E non ho desiderato mai fare altro. Sempre meglio che lavorare, diceva qualcuno. Non è del tutto vero, ma un po’ sì. Perché un lavoro che ti piace non è un peso, ma un privilegio tutti i giorni. Guardo indietro spesso: quando ti rendi conto che hai più passato che futuro, è facile aggrapparsi alle immagini del film che hai già visto. Con un po’ di nostalgia, ma anche con orgoglio. Che rabbia avere poca memoria però, perché rischio di tralasciare qualcosa di importante, qualcosa che mi ha fatto crescere e che, se non mi rimetto subito nelle dita picchiando su questa tastiera, ho paura di perdere per sempre. Allora scrivo, magari mi aiuta. Qualcuno ha detto che una cattiva memoria preserva da tanti rimorsi. Un proverbio eschimese invece sostiene che i ricordi sono come le orme nella neve. Servono a non dimenticare da dove sei partito. E qualche volta per ritrovare la strada del ritorno. Mi piace. In questo rettangolo di giornale allora vorrei essere quello che recupera i ricordi. Perché è l’unico modo per potersi illudere di aver già fatto tanto. E di credere che il meglio debba ancora venire.
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