Nel primo trimestre 2013 è crollata la fiducia dell'industria alimentare italiana. Eppure, stando alle ultime statistiche, proprio l'alimentare e l'agricoltura paiono essere i comparti che più di altri hanno i numeri per rispondere positivamente alla crisi.L'indagine periodica che l'Ismea compie presso un campione selezionato di operatori dell'alimentare ha fissato l'indicatore di fiducia a -15,3 (in un campo di variazione che oscilla tra -100 e +100); si tratta del secondo valore più basso dopo quello rilevato in coincidenza con la fase più acuta della crisi del 2009. A determinare l'indice sono le valutazioni su ordini, attese di produzione e livello delle scorte. Il deterioramento dei giudizi sull'andamento degli ordini e delle scorte di magazzino, solo in parte controbilanciato dal miglioramento delle attese di produzione per il successivo trimestre, ha determinato una flessione dell'indice di fiducia di 2 punti su base trimestrale e di oltre 9 punti rispetto allo stesso periodo del 2012. Dice l'Ismea: «La dinamica negativa degli ordini e l'accumulo delle scorte di magazzino riflettono la flessione della domanda interna, in un contesto in cui a tirare sono solo le esportazioni (+6,9% l'export agroalimentare nel primo trimestre 2013, secondo i dati provvisori Istat)».Insomma, gli stenti dell'industria alimentare sono l'effetto chiaro del permanere della recessione in Italia e della buona dinamicità dei mercati oltreconfine. «In Italia - dice la Coldiretti - si registra addirittura un crollo storico della spesa, con le famiglie italiane che hanno svuotato il carrello dei prodotti base per l'alimentazione dalla frutta (-4%) al pesce (-5%), dalla carne bovina (-6%) al vino (-7%) fino all'olio di oliva (-8%)». Si tratta di una condizione che deve essere analizzata con attenzione dagli operatori e che certamente costituirà argomento di dibattito al Cibus Global Forum di Parma. Non è detto, infatti, che i mercati esteri continuino a tirare come hanno fatto fino ad oggi.L'evoluzione dello scenario potrebbe essere migliore. Ma l'Ismea rileva la crescita della quota di aziende che prevede un ridimensionamento dell'attività produttiva nel corso del 2013 (circa il 19%), a fronte di un 68% che si dichiara intenzionato a mantenere inalterato il piano di produzione e l'assetto occupazionale.Fa da controcanto alla situazione dell'industria alimentare, il buon risultato in termini di valore aggiunto ottenuto dall'agricoltura. «Nonostante la buona performance dei primi mesi del 2013 - commenta Confagricoltura - l'agricoltura non cresce abbastanza». Da qui le richieste di misure più attente allo sviluppo della competitività del comparto. «Non si può ignorare il fatto - aggiunge poi la Cia-Confederazione italiana agricoltori - che nell'ultimo anno l'agricoltura è stato l'unico settore ad assumere (+3,6%) aprendo anche nuovi sbocchi d'impresa per le categorie più colpite dalla disoccupazione, come le giovani donne del Mezzogiorno».
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