Cancellare il Natale è “inclusivo”? No. Diamo la giusta testimonianza
martedì 7 novembre 2023

Caro Avvenire,
scrivo in merito alla ventilata ipotesi di eliminare la dicitura “feste di Natale” a motivo di una maggiore inclusione. Mi chiedo: che significa “inclusione”? Mi sembra di capire che voglia dire: comprendere tutti, far sì che ognuno possa sentirsi accolto, non discriminato per il suo modo di essere, il credo, le scelte di vita. Come si concilia questo con l'eliminazione del Natale? Non significa escludere i cristiani/cattolici?


Mimmo P.


Gentile Mimmo, come darle torto? Lei si riferisce al caso dell’Istituto universitario europeo a Fiesole, che aveva proposto di rinominare il Natale «Festa d’Inverno». Il motivo è la provenienza globale di docenti e studenti, molti dei quali non cristiani. La sua perplessità è stata però quella di molti, tanto che i commenti negativi hanno indotto l’Istituto a una almeno parziale retromarcia.

Il tema è più generale e in Italia si ripresenta a ogni inizio di Avvento con presepi rimossi da scuola dopo le lamentele di qualche genitore o improbabili tentativi sincretistici. Sono, in realtà, episodi sporadici cavalcati da qualche forza politica ed enfatizzati dai media. In altri Paesi europei, è noto, la laicità, bene o male intesa, ha conquistato da tempo il politicamente corretto.


La situazione non è molto diversa da quella dei crocifissi nei luoghi pubblici. Dove sono esposti e nessuno eccepisce (succede raramente), rimangono al loro posto. Ma difficilmente vengono collocati in nuovi spazi. Con il tempo, la loro presenza diminuirà. Eppure, come sottolineiamo sempre, si tratta di un simbolo di umanità e fratellanza, al di là del suo primario significato religioso. Le festività (cristiane) di dicembre sono profondamente radicate nella nostra cultura e nessun ultraquarantenne si asterrà dall’augurare

“Buon Natale” ai suoi amici, anche se in molti messaggi a persone con cui non siamo in confidenza ci limitiamo ormai a “Buone Feste”. Tuttavia, molti ragazzi di oggi che non sono più immersi fin dall’infanzia in un ambiente permeato di cattolicesimo si stupiranno o, addirittura, protesteranno per la “Festa d’Inverno”? Ne dubito, purtroppo.

Torna allora la sua domanda: l’inclusione non deve riguardare anche i cristiani, se diventano minoranza? Certo, deve essere così. Vedo, però, il rischio che qualche alfiere di una cultura della “riparazione storica” proponga che alle tradizioni dei “bianchi colonialisti” sia dato meno spazio. In definitiva, le imposizioni sono soltanto dannose, in qualunque direzione. Non dobbiamo nemmeno accelerare il cambiamento per se stesso. L’inclusione e la tolleranza sono insite nel vero senso del Natale e possiamo ripartire di qui, sapendo che non c’è una regola pronta per ogni situazione. Penso che ciascun credente debba dare una ragionevole testimonianza e partecipare a soluzioni il più possibile condivise. A partire da ciò che esiste, senza che qualcuno pretenda di azzerare tutto e ricostruire nel vuoto e con l’ideologia.

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