Questa rubrica della domenica riapre i battenti con sette giorni di ritardo. Complice un viaggio in Sicilia per omaggiare proprio il nume tutelare a cui è dedicata: lo scrittore argentino Osvaldo Soriano – autore del libro capolavoro Pensare con i piedi – e il Premio omonimo che da cinque anni si tiene a Portopalo (più a sud di Tunisi), per iniziativa del nostro “Collettivo Soriano”. Quest'anno abbiamo premiato un ribelle moderato, fuggitivo alla bisogna, ma di certo un grande sognatore come il portierone Giovanni Galli. Campione del mondo dell'82 – come terzo mai incomodo (dietro a Zoff e Bordon – ), poi iridato anche con il Milan di Sacchi. Ma Galli è soprattutto un «campione del mondo nella vita» (motivazione del Premio), che, assieme alla moglie Anna – sposata l'estate del Mundial – , da vent'anni porta avanti la memoria del loro figlio Niccolò, morto 17enne in un incidente in motorino, quando gli si erano appena spalancate le porte del professionismo (debutto in A con il Bologna). Era il 9 febbraio 2001, quel maledetto giorno che strappò a questa terra un predestinato del calcio. «Niccolò tornava a casa dall'allenamento perché doveva studiare, il giorno dopo aveva l'interrogazione», raccontano Giovanni e Anna. È una storia semplice, quanto rara, che ci riporta a un calcio più umano, assai distante dalle follie milionarie che rimbalzano sulle vite telecomandate (dai procuratori) dei fenomenali Messi, passato al Psg, Mbappé, che va al Real Madrid e Cristiano Ronaldo che saluta la Juve e rivola di nuovo a Manchester, per chiudere allo United. È il solito mercato delle vacche grasse, un bazar selvaggio quanto virale, aperto tutto l'anno, sincronizzato con il calcio spezzatino, a uso e consumo delle piattaforme televisive inceppate. Come Dazn che, per 30 denari (euro) al mese, offrono al tifoso divanato l'incanto della Diletta (Leotta) e e lo scempio della diretta (interrotta) della partita di Serie A. Lo ribadiamo con il cuore: ridateci la radio. A Tutto il calcio minuto per minuto, al minimo inciampo la linea riparte subito di slancio e il messaggio del gol, dal 1959 a oggi, arriva sempre forte e chiaro (praticamente gratis) nelle case di tutti gli italiani. La nostalgia canaglia chiede anche di ridarci le vecchie maglie di una volta con i colori sociali originari delle squadre del cuore e la tradizionale numerazione delle maglie. Gli inglesi del Burnley hanno accolto l'appello: ad Anfield Road contro il Liverpool indossavano le casacche numerate dall'1 all'11. Lowton il terzino destro aveva il 2 e le due ali, Gudmunsson e McNeil il 7 e l'11. I numeri, quelli arretrati, dell'Iva invece, stanno condannando l'ex favola del Chievo Verona alla sparizione. Il Chievo lo scorso anno ha chiuso con «32 mila euro di attivo», parola dell'ex “Harry Potter”, il presidente Luca Campedelli, il quale giustamente si chiede: ma come mai il Barcellona che ha 1 miliardo di rosso va avanti e l'Inter che ha vinto lo scudetto ha pagato in netto ritardo gli stipendi ai suoi calciatori? Come sempre, ai “poster” l'ardua sentenza.
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