Ormai ci siamo abituati. C'è una “giornata” per tutto. O quasi. Occasioni per ricordare, sottolineare, celebrare. Civili o ecclesiali che siano, sono tutte sicuramente importanti, e meritano il rilievo che è stato dato loro; il problema, casomai, è che sommersi come siamo da ogni genere di appuntamenti anche questa moltitudine di giornate che sembrano quasi accavallarsi le une sulle altre rischia di scivolarci addosso senza lasciare traccia. Molte volte, anche, per il sospetto che dietro questa o quella ricorrenza ci possa essere una qualche retorica stucchevole, che pesa, o una rincorsa del “politicamente corretto” in auge in un determinato momento storico.
Quando, alla fine del Giubileo della Misericordia, papa Francesco decise di istituire la Giornata mondiale dei poveri, non mancarono le polemiche di questo segno. Quasi che il Pontefice volesse seguire, o dettare, un trend. Ma, come papa Bergoglio ha ricordato proprio domenica scorsa, celebrando la seconda edizione di questa Giornata, «vivere la fede a contatto coi bisognosi è importante per tutti noi. Non è un'opzione sociologica, non è la moda di un pontificato, è un'esigenza teologica. È riconoscersi mendicanti di salvezza, fratelli e sorelle di tutti, ma specialmente dei poveri, prediletti dal Signore». Una sottolineatura importante, anzi fondamentale, per non far perdere di vista che il tendere la mano verso chi ha bisogno, il chinarsi amorevolmente sul prossimo, è alla fine il tratto che distingue i veri cristiani. Come infatti scrisse Benedetto XVI nella sua Deus caritas est (elaborata da una bozza lasciata da Giovanni Paolo II), «solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama». Infatti, osservava papa Ratzinger, «la vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti – un realismo inaudito... Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere e operare... Amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio».
Non sono possibili fraintendimenti né equivoci. Quello che ci viene richiesto è un'attenzione che ci identifichi come discepoli di Gesù, per farci voce di quei troppi poveri il cui «grido», ha detto domenica Francesco, è oggi sovrastato «dal frastuono di pochi ricchi, che sono sempre di meno e sempre più ricchi». È «il grido strozzato di bambini che non possono venire alla luce, di piccoli che patiscono la fame, di ragazzi abituati al fragore delle bombe anziché agli allegri schiamazzi dei giochi. È il grido di anziani scartati e lasciati soli». È il grido «di chi si trova ad affrontare le tempeste della vita senza una presenza amica. È il grido di chi deve fuggire, lasciando la casa e la terra senza la certezza di un approdo. È il grido di intere popolazioni, private pure delle ingenti risorse naturali di cui dispongono. È il grido dei tanti Lazzaro che piangono, mentre pochi epuloni banchettano con quanto per giustizia spetta a tutti». No, davvero non è possibile dire che questa Giornata sia il cedimento a una moda passeggera, una concessione a una qualche logica mondana. È, al contrario, il ricordarci sempre quale sia il punto di discrimine tra l'essere cristiani e il non esserlo.
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