Le persone di solito si vendicano con le altre del torto che la natura ha fatto loro.
Nonostante il titolo pomposo latino dell'opera, De dignitate et augmentis scientiarum, la frase citata è un po' sbarazzina e cattivella anche se a scriverla è il famoso filosofo inglese del Cinquecento Francesco Bacone. È scontato notare che il maschilismo dominante nella storia ha di solito riferito alle donne il discorso sulla bruttezza, nella convinzione che - come diceva un altro autore inglese, Thackeray - «essere bella è abbastanza: se una donna sa far bene questo, chi le domanda di più?». In realtà essere brutti è un'avventura che capita a tutti e a poco vale il pur vero principio secondo il quale sui gusti non si discute. Certo è che talora - ma non sempre (ed è per questo che Bacone usa un «di solito») - la bruttezza inacidisce un po' anche l'anima.
Questo avviene anche per colpa degli altri che ironizzano ed emarginano: è triste che il bullismo tra ragazzi si basi spesso proprio sui difetti fisici degli altri. Certo, la bruttezza può essere un peso e, a consolazione dei brutti, si cerca umanamente di dire che i belli sono più stupidi e vacui. Bisognerebbe, però, distinguere tra «bruttezza» e «bruttura». Quest'ultima, infatti, è qualcosa di peggio perché suppone cattivo gusto, volgarità, orrore. Guardiamo certi aspetti delle città moderne: in alcuni quartieri non domina solo la bruttezza col suo corteo sgradevole di pessime costruzioni ma anche la bruttura fatta di sporcizia, di sconcezze, di deformità. È per questo che poi anche le persone diventano sguaiate; da brutti si passa ad essere bruti, e questo atteggiamento dilaga fino ai centri storici e alla vita quotidiana. La bellezza necessaria non è, quindi, solo quella pubblicitaria ma anche l'interiore.
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