
Nel cristianesimo, ai ricchi non tocca sempre il ruolo migliore. «Beati voi, poveri», dice Gesù, prima di aggiungere: «Ma guai a voi, ricchi» (Lc 6,20 e 24). Come per stemperare in anticipo tale opposizione, Ben Sira non aveva esitato a proporre, da parte sua, una beatitudine per i ricchi: «Beato il ricco che si trova senza macchia e che non corre dietro all’oro» (Sir 31,8). Una beatitudine che non è priva di qualche condizione e che va lungi dal promettere la felicità ai benestanti! Ma che sottolinea un punto essenziale: la ricchezza non è cattiva per natura, è però incontestabilmente pericolosa. Il punto non è tanto di non essere ricchi, quanto di mantenere il proprio cuore libero per incontrare e per amare.
Il denaro potrebbe essere un mezzo straordinario per aiutare il prossimo, per amarlo concretamente. Ma Ben Sira sa per esperienza che non è così semplice e che, nella pratica, è difficile possedere grandi beni senza in realtà appartenere ad essi. Beati i ricchi? Beati piuttosto i cuori liberi, beati i cuori che non si lasciano accecare e che rimangono capaci, in ogni situazione, di cercare l’essenziale e di amare Dio e il prossimo.
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