Per la maggior parte di noi, forse l’Avvento è niente più che una cornice cronologica che ufficializza i preparativi per la festa di Natale. Forse lo vediamo solo come una specie di timer, senza saperne prospettare il contenuto o l’effettivo impatto che potrà avere su di noi. Eppure l’Avvento è un ingresso decisivo non solo per cogliere il senso della celebrazione del Natale, ma anche per guardare alla nostra stessa esistenza nella sua interezza. Noi siamo figure dell’Avvento più di quanto non immaginiamo, ne abitiamo il territorio, e da esso riceviamo luce per le domande che portiamo con noi nel fluire del tempo. Il termine “avvento”, di origine latina, significa “venuta”. Nella grammatica cristiana questa venuta è l’adventus Domini, la venuta del Signore, evento che configura la vita del mondo in termini di apertura e aspettativa. Dio in Gesù diventa umano affinché, in tal modo, ogni umano diventi capace di Dio. Il mistero che a ogni Natale celebriamo non è semplicemente un sì puntuale di Dio alla storia degli uomini, ma è una conferma permanente e irrevocabile. Dio entra in contatto con la nostra umanità, diventa incessantemente «colui che viene», si fa conoscere come «Dio con noi». In questo senso, l’Avvento è la presa di coscienza di questa attesa della venuta di Dio che attraversa ad ogni istante la nostra esistenza.
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