«Davanti a quella foce che viene chiamata, come dite, Colonne d'Eracle, c'era un'isola. Tale isola, poi, era più grande della Libia e dell'Asia messe insieme, e a coloro che procedevano da essa si offriva un passaggio alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente che stava dalla parte opposta (…). In tempi successivi, però essendosi verificati terribili terremoti e diluvi, nel corso di un giorno e di una notte (…) l'Isola di Atlantide, allo stesso modo sommersa dal mare, scomparve». È Platone a parlare per primo di Atlantide, forse inventandola o, invece, secondo alcuni, basandosi sulla memoria dell'isola di Tera che fu aperta e ridotta a un ferro di cavallo, per l'eruzione esplosiva del vulcano che le bruciava dentro. Un'isola che non sarebbe, pertanto, del tutto scomparsa, ma che resta a tutt'oggi stupenda nelle dolcissime acque dell'Egeo. Trovandovi una cappella dedicata a Sant'Irene, i veneziani la chiamarono col nome che le resta sino ad oggi, Santorini. Un auspicio di pace. Il ventre dei vulcani come matrici di vita è mito ricorrente. Ci pare di sentirlo ancora dentro, quando vediamo i fuochi d'artificio che brillano sull'Etna o le nuvole di fumo dello Stromboli che s'abbracciano alle spume del mare di Calabria.
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