Astensionismo e democrazia: idee (bizzarre) per ridare valore al voto
venerdì 22 novembre 2024
Caro Avvenire, da anni aumenta il numero di coloro che non votano. Restano inascoltati gli accorati messaggi delle autorità che invitano a recarsi alle urne e che ci ricordano che votare è un diritto/dovere e un bene per la democrazia. Tutto vano. Lo evidenziano anche i dati dell’affluenza in Emilia-Romagna e in Umbria. Suggerirei un’idea bizzarra, ma non troppo: realizzare una “tessera per la raccolta punti” che dopo un certo numero di votazioni dia diritto a partecipare a un sorteggio con premio adeguato. Raffaele Pisani Caro Pisani, il tema dell’astensione dal voto è a mio avviso drammatico, ma ci sta anche scherzarci sopra, e per questo pubblico la sua proposta paradossale. Sono molti i lettori che avvertono l’urgenza della situazione, a cominciare dai signori Carnacina e Veronesi, che nei loro messaggi evidenziano varie ragioni della disaffezione che colpisce il nostro Paese, come tante altre democrazie mature. Reintrodurre l’obbligo di recarsi alle urne potrebbe contrastare la tendenza se si associasse una sanzione al mancato adempimento, eppure non la vedo come soluzione facilmente praticabile. Analisi del sentiment degli elettori sembrano indicare che le persone pensano che il risultato delle urne sia ininfluente per la loro vita e, razionalmente, si evitano una fatica e una perdita di tempo, seppure in genere minima. Dovremmo sapere comunicare che la società ha bisogno della loro voce, che non può farne a meno. Ecco che allora, bizzarria per bizzarria, caro Pisani, potremmo ipotizzare di subordinare la validità delle preferenze espresse alla numerosità dei partecipanti, un po’ come accade per il referendum, mettendo però un quorum più alto del 50%, diciamo il 65% per ora. Se però il referendum decade senza il raggiungimento della soglia stabilita, le elezioni – politiche, regionali o amministrative – dovrebbero essere semplicemente ripetute la settimana successiva. Alla prima chiamata partecipa il 52% degli aventi diritto? Si bruciano le schede senza aprirle e si riaprono i seggi la domenica successiva (senza appendici del lunedì). Non si arriva al 65% nemmeno nella seconda tornata? Se ne predispone una terza consecutiva. Qualora nemmeno in quella si ottenesse la partecipazione prefissata, si prenderebbe comunque per buono l’esito ottenuto. Lo so: le procedure costano, ci sarebbero disagi nelle scuole, si creerebbe incertezza nel Paese. Eppure, se crediamo che la democrazia sia importante, dobbiamo dedicarle impegno e risorse, sacrificando qualcosa per la sua conservazione in salute. Diciamo ai cittadini che la loro presenza attiva ci interessa al punto da ripetere il voto. In questo modo, anche i politici avrebbero uno stimolo in più a invitare alla mobilitazione, al di là di qualche attuale frase di circostanza, visto che alla fine si governa con qualunque affluenza, anche inferiore alla metà degli aventi diritto, come accaduto in Emilia-Romagna. In definitiva, servono idee e passioni per fare comprendere soprattutto ai giovani quanto è prezioso quel gesto di entrare in una spoglia cabina di legno e mettere una croce su un nome o una lista. L’apatia e l’indifferenza non portano mai nulla di buono nella storia. Viene in mente una vecchia canzone di Samuele Bersani: “Lo scrutatore non votante / Prepara un viaggio, ma non parte / Pulisce casa, ma non ospita / Conosce i nomi delle piante / Che taglia con la sega elettrica”...
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