Assicurazioni, questione irrisolta
giovedì 15 luglio 2010
Ritorna nelle aule giudiziarie il problema delle assicurazioni sociali dei membri di Ordini religiosi. Questa volta è toccato ad alcune suore che svolgevano attività di apostolato presso una casa di cura in Avellino. La solita questione previdenziale (rapporto di lavoro, contributi ecc.) si è conclusa con una sentenza della Corte di Cassazione (n. 9463/2010). Alla struttura sanitaria l'Inps ha imputato i contributi dovuti per le religiose in base ai minimi contrattuali. All'opposizione della casa di cura e nel giudizio in appello veniva confermato infatti che le suore svolgevano anche attività infermieristica. La loro opera si svolgeva sulla scorta di una convenzione intercorsa tra la clinica e la Congregazione religiosa, in base alla quale le suore dovevano svolgere sia l'apostolato sia un'attività infermieristica. A ciascuna di esse veniva corrisposto un compenso fisso mensile, un'indennità per turno notturno, con la previsione della buonuscita, di possibili "richiami" della direzione sanitaria ecc., configurando a tutti gli effetti una lavoratrice subordinata.
Condizioni non sufficienti però per il Tribunale di competenza che, in precedenza, aveva escluso il rapporto di lavoro subordinato delle suore, una pronuncia respinta invece dalla Cassazione solo per la mancata presentazione di un certificato di un cancelliere. Di conseguenza " sentenzia la Corte " sono dovuti i contributi previdenziali per le religiose sulla base del minimo contrattuale di settore. Ma quale settore?
Inquadramento Inps. Nel tempo l'inquadramento previdenziale delle case di cura ha subito sostanziali modifiche, passando dall'inquadramento nel settore "commercio" a quello più ampio del "terziario". Alcune strutture sanitarie, avendo una complessa organizzazione, hanno anche ottenuto di essere inquadrate nel settore "industria", con il riconoscimento di sgravi contributivi (legge 1089/68) e commerciali. E poiché i contributi dei dipendenti devono rispecchiare le caratteristiche della propria azienda, la casa di cura di Avellino, già riconosciuta anche come impresa industriale, ha preteso il cd. doppio inquadramento. La sentenza finale della Cassazione ha però stabilito che l'inquadramento della casa di cura, ai fini dei contributi previdenziali, non può riguardare il settore commercio, ma solo quello dell'industria e che tale inquadramento opera sia per eventuali sgravi sia per i contributi Inps.
Questione aperta. La vicenda fa riemergere un'analoga questione di pochi anni fa presso una casa di riposo di Como, dove le suore furono giudicate in nero dall'Inps. In altri termini, se i religiosi sono esenti dalle assicurazioni sociali perché le loro attività sono svolte a motivo di una scelta di fede, diventa determinante anche il campo di attività nel quale la rispettiva Congregazione è impegnata con l'opera dei suoi membri (educazione, assistenza ecc.) anche se prestata presso strutture esterne.
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