Di Alberto Savinio, scrittore eccentrico del 1900, che mi è piaciuto in diverse occasioni, leggo la frase: «Povera quella generazione che non odia la generazione che l’ha preceduta». Riducendo il verbo odiare alla più sobria e pratica critica radicale, credo che sono d’accordo. Si affaccia di nuovo alla ribalta del mondo una tale generazione. Per raggiungere la temperatura necessaria al sentimento di opposizione bisogna avere al proprio interno una visione, un’immaginazione del futuro. Questa gioventù lo avverte compromesso, guasto dall’economia di sfruttamento e spreco delle risorse del pianeta. La gestione del mondo da parte della generazione adulta è fallimentare. L’ambiente reagisce aumentando la sua temperatura, quella di un organismo con la febbre, forma di difesa che esige necessità di cure. La generazione adulta ignora i sintomi, indifferente all’imminenza del delirio. Questa gioventù su scala di mondo se ne occupa, sente responsabilità, che è voce del verbo rispondere. È una minoranza, il suo formato numerico è quello della profezia, senza forza di incidere sulle decisioni indispensabili, ma porta le ragioni di un annuncio inesorabile. Esprime un sentimento drammatico dell’avvenire, denuncia ai sordi e agli ammutoliti la fine della commedia.
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