venerdì 7 aprile 2023
A Bruxelles, nella città dove si decidono i destini dell’Europa, ho avuto la sensazione di ascoltare il battito del cuore di tenebra del Vecchio Continente: man mano che scendevo lungo le strade che dalla stazione conducono in centro, dove ci sono i palazzi del potere, gli alberghi più lussuosi e i centri commerciali sempre attivi, scrutinavo dentro me stesso la storia tormentata di questo piccolo Paese, la cui tragica avventura coloniale, soprattutto congolese, è scritta a caratteri indelebili nelle fisionomie di molti cittadini belgi, i cui genitori giunsero qui, provenienti da Kinshasa e dintorni, alla ricerca di lavoro e dignità, come fecero molti italiani, compreso mio nonno, che, circa cent’anni fa, vennero ingaggiati nelle miniere di carbone, a rischio della loro stessa vita. Dall’atmosfera turistica e festante della Grand Place feci presto a raggiungere Molenbeek, il quartiere d’origine dei terroristi che nel novembre 2015 compirono le stragi di Parigi. Se non fosse stato per la pulizia delle strade, avrei potuto essere a Rabat o Algeri. Donne col velo, uomini barbuti, bancarelle di frutta e dolci. Appoggiato a un cancello sul marciapiedi, restai incantato a guardare la partita di calcio che si stava svolgendo fra adolescenti magrebini: parevano angeli che danzano sulle rovine. © riproduzione riservata
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