La vaticanista dell'Ansa Giovanna Chirri è la giornalista che l'11 febbraio del 2013 diede per prima al mondo la notizia delle dimissioni di Benedetto XVI. Uno scoop sensazionale, che tuttavia non le procurò né riconoscimenti né gloria; anzi, furono in molti – perfino all'interno della stessa Ansa – a cercare di sminuire la portata di quell'eccezionale colpo giornalistico. Andata in pensione, qualche anno dopo Giovanna ha poi raccontato in un e-book la storia di quello scoop e tutte le vicende connesse. Il libro, intitolato I coccodrilli di Ratzinger (in gergo i "coccodrilli" sono i pezzi che si tengono pronti in caso di morte improvvisa di un personaggio), va in realtà molto oltre la narrazione di una vicenda personale e apre uno spaccato tanto desolante quanto realistico sui tanti vizi e le pochissime virtù di una professione dove oggi dilagano invidie e gelosie, servilismo, carrierismo, ignoranza, e dove quasi più nessuno si "consuma le scarpe", sempre come si dice in gergo, per assicurarsi notizie di prima mano. E così tutto si riduce a un gigantesco, continuo "copia e incolla" da Internet, senza che si verifichi niente perché non c'è tempo, né voglia, di farlo.
Il libro di Giovanna Chirri – nella sua sostanza, una lezione un po' amara su quel che dovrebbe essere un giornalismo davvero virtuoso – mi è tornato in mente qualche giorno fa, leggendo il comunicato che ha accompagnato la pubblicazione del titolo scelto da Francesco per il Messaggio della prossima Giornata delle comunicazioni sociali, «Ascoltate!». «Dopo il Messaggio del 2021, centrato sull'andare e vedere – si legge nella nota –, nel suo nuovo Messaggio per la Giornata mondiale del 2022 papa Francesco chiede al mondo della comunicazione di reimparare ad ascoltare... L'ascolto è fondamentale anche per una buona informazione. La ricerca della verità comincia dall'ascolto. E così anche la testimonianza attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Ogni dialogo, ogni relazione comincia dall'ascolto. Per questo, per poter crescere, anche professionalmente, come comunicatori, bisogna reimparare ad ascoltare tanto. Gesù stesso ci chiede di fare attenzione a come ascoltiamo. Per poter veramente ascoltare ci vuole coraggio, ci vuole un cuore libero e aperto, senza pregiudizi. In questo tempo nel quale la Chiesa tutta è invitata a mettersi in ascolto per imparare a essere una Chiesa sinodale, tutti siamo invitati a riscoprire l'ascolto come essenziale per una buona comunicazione».
Proprio così. Ascoltare. Avere l'umiltà di non limitarsi a sentire ma – appunto – ascoltare. Due cose molto diverse. Per chi fa informazione andare e vedere, così come ascoltare, fa la differenza tra la sciatteria e un mestiere interpretato per quello che è realmente, e cioè un autentico servizio. Una missione. Se non lo si interpreta così, si finirà scivolare irreversibilmente verso quanto Francesco denunciava nel messaggio dello scorso anno. Il rischio di un'informazione fatta di «giornali fotocopia o notiziari tv e radio e siti Web sostanzialmente uguali, dove il genere dell'inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di un'informazione preconfezionata, "di palazzo", autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società».
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