Con i 18,3 miliardi raccolti in settimana, il nuovo BTp Valore, il titolo di Stato destinato ai piccoli risparmiatori, ha consentito di centrare il nuovo record di incasso. Una buona notizia per il Tesoro, arrivata l’altroieri insieme a un’altra di segno opposto: la revisione al rialzo del deficit/Pil 2023 da parte dell’Istat, che rifinendo tutti i conti dell’anno appena chiuso l’ha portato al 7,2%. Quasi due punti più in su del 5,3% che il Governo aveva previsto in autunno, elaborando la NaDef. Il rapporto deficit/Pil è un indicatore chiave per capire lo stato di salute dei conti di uno Stato, perché mette in relazione il disavanzo pubblico (cioè la differenza tra entrate e uscite del Tesoro), con il Prodotto interno lordo nell’arco di un anno.
Siamo alle solite: fosse una famiglia e non un Paese, diremmo che vive al di sopra delle sue possibilità. L’Italia ci è abituata, ma questa volta la responsabilità della brutta sorpresa di venerdì ha un nome ben preciso: il Superbonus. Il generoso incentivo ai lavori edili introdotto dal governo Conte bis e mantenuto, pur con dei paletti, dal governo Draghi per sostenere l’economia nel periodo pandemico ha fatto il suo dovere ma sta ora presentando il conto. Che lievita, di trimestre in trimestre, ogni volta che in via XX Settembre si fanno i conti sulle tasse non pagate in virtù dei crediti d’imposta contratti dai contribuenti proprio con il Superbonus: secondo i calcoli del Sole 24 Ore, il peso sulle casse dello Stato nel solo 2023 è stato pari a 76 miliardi, 40 più di quanto si prevedeva ancora in autunno. Di qui il balzo del deficit/Pil, la continua polemica politica e la corsa a raccontare la propria verità sulle scelte effettuate in passato dai singoli partiti: sotto al Superbonus di fatto c’è la firma di tutti con la sola eccezione di Fdi, unica formazione a non aver fatto parte né del Conte II nè del governo Draghi. «Una stagione irresponsabile con effetti pesanti», l’ha definita venerdì il ministro Giancarlo Giorgetti, che quella stagione l’ha vissuta (in parte) da ministro allo Sviluppo economico e ora se ne vede recapitato il conto in via XX Settembre, nello studio che fu per primo di Quintino Sella.
Come dargli torto, comunque: se ai 76 miliardi del 2023 sommiamo i 67 costati tra il 2021 e il 2023, ecco che finora il Superbonus ha impattato sul bilancio dello Stato 146 miliardi. E la cifra non può che salire. Chissà se una parte di questo buco sarà tappata proprio grazie alla raccolta del BTp Valore. Non possiamo saperlo, ma neanche escluderlo. E sarebbe curioso, perché nei fatti il conto di una misura particolarmente “generosa” verso i contribuenti sarebbe pagato attraverso una misura che non lo è poi tanto di meno: dietro al successo del BTp Valore c’è anzitutto il rendimento offerto, circa lo 0,3% in più rispetto ai titoli di Stato “ordinari”, soldi in più che entreranno nelle tasche di chi l’ha sottoscritto e usciranno dalle solite casse dello Stato. Che ragionevolmente ha scelto di attirare ancora l’interesse degli italiani per consolidare la quota di creditori “domestici” del maxi debito sovrano, ma che nei prossimi sei anni dovrà pagarne il prezzo.
È probabile che a beneficiare degli incentivi del Superbonus e del BTp Valore sia solo una porzione degli italiani, probabilmente la stessa. Chissà se chi ne fa parte si sentirà un poco grato a uno Stato che tanto ci toglie ma ogni tanto qualcosa ci restituisce. Forse anche per questo, nonostante tutto, l’economia non va poi così male: l’altroieri l’Istat ha rivisto al rialzo anche la crescita del Pil, che dallo 0,7% previsto finora è salita allo 0,9%, grazie al contributo dei consumi interni e degli investimenti. In parte legati al... Superbonus.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: