Possiamo assicurare il cinepatron Aurelio De Laurentiis, che Carletto Ancelotti, che ha conosciuto e voluto fortemente al Napoli, nella turbolenta stagione 2018-2019, pur avendo vinto in tutti i luoghi e in tutti e cinque i maggiori tornei continentali, oltre che campione d’Europa e del mondo per club, è lo stesso “normal one” degli inizi, alla Reggiana. E parliamo di un quarto di secolo fa. Ora che è al comando del galattico Real Madrid, già campione di Spagna e finalista di Champions (con il Borussia Dortmund), è fin troppo facile osannare e salire sul carro del più vincente degli allenatori nostrani, e non solo. La sua bacheca personale è talmente zeppa di trofei da far impallidire persino un collezionista di tituli come lo specialone Mourinho. L’unica annata veramente storta nella lunga e specchiata carriera di Ancelotti, dopo lo scudetto perso con la Juventus nel diluvio del Curi di Perugia, 14 maggio del 2000, è stata proprio quella sotto il Vesuvio. Una scelta professionale e di vita che aveva accettato con un entusiasmo da scugnizzo, al punto da dichiarare:
«Napoli è un paradiso. Se il presidente De Laurentiis mi chiama proponendomi il rinnovo del contratto, io non solo dico di sì, ma firmo per 10 anni». Parole rigettate in fretta in fondo al mare che bagna Napoli, e non per colpa sua. L’ultimo lustro, il Carletto nazionale lo ha trascorso all’Everton e poi è tornato a completare la sua missione alla “Casa Blanca” di Madrid dell’altrettanto vulcanico patron del Real, Florentino Perez il quale lo ha accolto dicendo: «Nel 2015 ti mandai via perché eri troppo amico dei giocatori. Adesso ti ho richiamato per la stessa ragione». E all’amico Carlo, Bellingham, Vinicius e compagni, sono così legati che lo stanno ripagando con gli interessi. Il trionfo in semifinale con il Bayern Monaco è l’ultimo attestato di amicizia professionale della squadra dei supertalenti verso il proprio mister, il quale sì sa, è vincente, capace e anche fortunato. La saponetta improvvisa dalle manone leggendarie di Neuer e la doppietta inattesa del 34enne Joselu, sorta di sciagurato Egidio della Liga, è stata la conferma che come tutti i grandi generali di campo “Carlo il martello” è anche parecchio fortunato. Gene Gnocchi potrebbe aggiornare il titolo del suo storico e altrettanto fortunato libro su Sacchi sostituendolo con Ancelotti: il mister che vince sempre e soprattutto lo fa quando ormai lo dai per spacciato. Vince persino le grandi corse ippiche con il suo cavallo, Honor and Pleasure. E sarebbe stato davvero un onore e un piacere per Carletto guidare il Napoli a simili traguardi, ma De Laurentiis non ha avuto la pazienza di continuare a puntare sul miglior cavallo da panchina, il caro vecchio Ancelotti. Ora, Dortmund permettendo, Carletto è a un passo dalla quinta Champions da allenatore (2 con il Real e 2 con il Milan con cui ne vinse 2 anche da calciatore) e in cuor suo sa che la fortuna non aiuta solo gli audaci, ma anche gli uomini normali.
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