«Se penserai di amare senza soffrire, sarai un illuso. Se penserai di soffrire senza amare, sarai un disperato». Nella sua saggezza di uomo di montagna, mio padre mi ripeteva fin da piccolo questa massima, che non ho mai saputo di chi fosse, sebbene porti con sé una grandissima verità: l'amore e la sofferenza sono come due facce della stessa medaglia, non si può vivere l'una senza sperimentare anche l'altra. Anzi, l'una supporta e dà senso all'altra. Wendell Berry, straordinario scrittore e poeta americano, ce lo ricorda al termine del suo romanzo Hannah Coulter (Lindau), in cui la vita, le morti, lo scorrere del tempo della comunità di Port William, cittadina immaginaria nel Kentucky, fanno da sfondo a una filosofia morale in forma di romanzo tutta da leggere e gustare. Ecco qui l'insegnamento di Berry: «Quando consegni te stessa all'amore per qualcuno, non puoi evitare di consegnarti anche alla sofferenza. Non puoi donarti all'amore per un soldato senza donare te stessa anche ai tormenti patiti in guerra. È nel corpo di questa sofferenza che è nato Cristo, per soffrirne lui stesso e colmarla di luce, perché a noi sia data la possibilità di immaginare la mattina di Pasqua e la pace di Dio in piccole patrie terrene come Port William e i villaggi dei contadini di Okinawa».
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