«Chissà cosa avrebbe scoperto Colombo se l’America non gli avesse sbarrato la strada». L’ipotesi ironica dell’irlandese Jonathan Swift (1667-1745) mi fa immaginare l’assenza del continente americano, con un solo e gigantesco oceano avvolgente l’est e l’ovest. Logicamente Colombo non avrebbe scoperto niente, scomparendo con la sua piccola flotta esausta. Per lui quell’isola dei Caraibi, avamposto di un continente, fu direttamente la provvidenza. Poi l’America è stata espansione di Europa, con sterminio di popolazioni locali per depredarne le risorse. Poi è stata deportazione di schiavi per manodopera gratuita. Poi ancora è stata l’opposto: terra di asilo per profughi d’Europa, in fuga da miserie e persecuzioni per motivi di razza, religione, credo politico. Milioni di nostri sono sbarcati alle foci dell’Hudson e del Rio De La Plata, sciamando poi nelle vastità americane. In un romanzo giovanile, “America”, Kafka immagina spazi smisurati percorsi da un ragazzo europeo con sgomento, fatica, speranza. Racchiude il sentimento di una generazione lanciata allo sbaraglio enorme dell’emigrazione. Da sud a nord, da Patagonia a Canada, il continente più verticale del pianeta continua a smuovere i più opposti sentimenti in ogni angolo del mondo.
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