IV Domenica
di Quaresima
Anno B
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. [...] Chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Dio ha tanto amato. Parola dove la mia fede prende anima e respiro: nucleo incandescente della storia, sguardo sull'abisso di Dio. Ha tanto amato il mondo: terra amata è la nostra, amate sono le creature di fango e di perla, e ogni passo è penetrare più a fondo dentro l'amore, che «alle spalle mi urta, di fronte mi circonda e su di me pone la mano» (Salmo 139). Tra i due termini, Dio e mondo, che tutto dice lontanissimi, incomunicabili, estranei, il Vangelo indica un punto di incontro. Tra Dio e mondo ciò che stabilisce il contatto è l'amore. Da allora, se non c'è amore, nessuna cattedra, nessun sacerdozio, nessun profeta potrà mai dire Dio.
Dio ha tanto amato. «Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama» (Paul Xardel). La salvezza è che Lui mi ama, non che io lo amo. Allora l'unica eresia è l'indifferenza " il contrario dell'amore " che sventa anche le trame più forti della storia di Dio.
Ha tanto amato da dare il suo figlio, considerando ogni uomo più importante di se stesso. Se ti domandi che cosa significa amare, la risposta del Vangelo è tutta in quell'umile verbo: dare. Il Padre dà il figlio. Il figlio dà la vita. Dacci oggi, preghiamo, il pane che ci fa vivere. L'amore ti fa, nella vita, datore di vita.
Non è venuto per condannare; anzi, sì: la croce è «il giudizio del giudizio» (Massimo il Confessore), è condannare la condanna, allontanare la lontananza. L'amore non conosce altro castigo che castigare se stesso.
Ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce. Da dove viene questo dramma del preferire la notte? Da dove il tremendo fascino del nulla? E so di poter dire, con l'eco che hanno le cose grandi: i tuoi figli, Signore, non sono cattivi; si ingannano facilmente, preferiscono le tenebre perché l'angelo della notte si maschera da angelo della luce e li inganna. Promette felicità e libertà, e li seduce. E che sono inganni \ lo so, e tutti e due sappiamo \ che non potrò \ non ingannarmi ancora (Turoldo).
Guardo a Nicodemo, l'anti eroe, che scivola da Gesù furtivo tra le ombre della sera. E vedo che Gesù non lo giudica, non lo condanna, è paziente con le sue lentezze, e rispettando la sua paura lo renderà fedele fino alla fine, coraggioso al punto di esporsi nel momento più tragico della storia al Calvario. Non sono un eroe, Signore, ma oggi mi basta, per mettermi in cammino, sentirmi amato, con la mia verità di ombre e di paure.
(Letture: 2 Cronache 36,14-16.19-23; Salmo 136; Efesini 2,4-10; Giovanni 3,14-21)
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