Uno dei film di Woody Allen impossibili da dimenticare è Io e Annie (1977). L'argomento, in apparenza, non è niente di speciale. Si segue la storia di Alvy Singer (Woody Allen) e di Annie Hall (Diane Keaton) quasi come fossero dei personaggi reali, senza artifici, che davanti a noi sono alle prese con il tempo che scorre e con emozioni che sembrerebbero le nostre. Non c'è un inizio dichiarato né un finale esplicito: il senso va svolgendosi, accadendo, insinuandosi quotidianamente, senza che quasi ce ne accorgiamo. Mi piacciono in particolare la maniera di filmare distesa e il ricorso all'improvvisazione e a dialoghi occasionali e imperfetti, quasi senza tagli, che finiscono per coinvolgerci ancor di più nella narrazione. Un po' alla maniera del cinema di Charlie Chaplin, Io e Annie ci commuove e ci fa ridere, anche se ci lascia un nodo alla gola, perché l'allegria che proviamo è fragile e i nostri sorrisi si frantumano a volte come un vetro che cade. Ma non dimentico la dichiarazione d'amore di Alvy ad Annie. Quando lei gli domanda: «Tu mi ami?», lui risponde: «Sì, ti amo… Amore è un termine troppo debole per… Io ti straamo, sai, ti adamo… abramo…». Amare è sempre reinventare il modo in cui si scrive, no?
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