“Aleteia” rinuncia a confrontarsi con i lettori digitali italiani
mercoledì 1 marzo 2023
Non è un vuoto piccolo quello che si è aperto da oggi nell’infosfera ecclesiale italofona con la «chiusura definitiva» dell’edizione italiana di “Aleteia”. Lo ha scritto in un ultimo post (bit.ly/3ZK3JEn) pubblicato nella serata di lunedì Éric de Legge, caporedattore dell’edizione francofona. I numeri sono ragguardevoli: 1 milione e 400mila visite totali lo scorso mese (l’8% del totale delle otto edizioni linguistiche); 250mila follower su Facebook, quasi 25mila iscritti a Instagram, 17mila al canale YouTube e altrettanti a Twitter. Tuttavia Media-Participations, il grande gruppo editoriale europeo con base in Francia (bit.ly/3xWDdeU) che funge da «operatore industriale» di “Aleteia”, non è riuscito – scrive de Legge – a tradurre questa notevole popolarità in «risorse finanziarie sufficienti», ovvero in pubblicità e in donazioni. Peccato. Lo dicono anche le quasi 4mila rammaricate reazioni dei lettori sulla pagina Facebook. Pur con qualche distrazione (tanti chiedono come fare donazioni o raccolte fondi, ignorando che, sulla home page del sito, c’è un apposito pulsante), varie ingenuità (qualcuno suggerisce una redazione di volontari) e un pizzico di utilitarismo (tra chi vorrebbe ancora online l’archivio e chi è pronto a spostarsi sull’edizione inglese). Il progetto di “Aleteia” di una comunicazione cristiana digitale che mescoli in un unico contenitore informazione, formazione e apologetica, nato sul finire del pontificato di Benedetto XVI, è stato tradotto in italiano con equilibrio e senso ecclesiale. Della redazione romana, guidata da Mirko Testa, ho apprezzato in particolare le firme (spesso citate in questa rubrica) di Giovanni Marcotullio e di Lucia Graziano, nonché quelle della sezione «For Her». Ma l’edizione italiana postava anche molti, troppi post tradotti dalle altre edizioni: come se il lettore italiano non meritasse di essere riconosciuto nella sua specificità culturale ed ecclesiale. La decisione di “Aleteia” di rinunciare del tutto a parlargli appare una scelta editoriale, più che finanziaria, conseguente a quella valutazione. Essa impoverisce la nostra comunicazione religiosa, già provata da altre piccole e grandi crisi editoriali; ma di certo impoverisce anche “Aleteia”, perché un progetto come il suo non può fare a meno di confrontarsi con i cattolici italiani. © riproduzione riservata
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