La via lattea spunta dal comignolo di una dimora di campagna in pietra, quella dei nonni, del papà che guarda da lassù e dell'infanzia. Ma se si ribalta la prospettiva può anche essere che siano le stelle a entrare nella casa per raccogliere il sogno di una bambina che ha poi scelto di dedicare il suo talento proprio a "catturare" le stelle. Fare lo "stellerie", per riprendere una squillante canzoncina del Piccolo Coro dell'Antoniano: «Abito nel cielo dall'altra parte della luna dove volano i sogni in cerca di fortuna. Accendere le stelle è questo il mio mestiere». La "stelliera" è Alessia Scarso, astrofotografa e regista (fra i suoi lavori Italo e il doc Vasa Vasa), che a Modica, nell’Ex Convento del Carmine, fino al 17 ottobre espone un progetto ambizioso e meraviglioso, intitolato "Ad sidera. C'era una Volta Celeste". Una mostra da vedere idealmente con il naso all'insù. Visioni luminose, nella notte, che scorrono con la musica originale di Marco Cascone in un'armonia tra gli elementi astronomici e lo scenario terrestre, cantando, non senza nostalgia, a un cielo stellato che diventa sempre meno visibile a causa dell'azione umana.
Via Lattea su Casa dei Ricordi. «La casa dei ricordi è la casa dei miei nonni. La foto è un viaggio multidimensionale nello spazio dell'Universo ma anche nel Tempo e nella memoria personale, in un filo che lega l'uno con l'universale, il guardare e l'essere guardati, l'Alto e l'Altro» - Alessia Scarso
«Non è uno sguardo inedito per me quello verso l'alto – spiega Alessia Scarso –. Ne ho avuto esperienza già da curiosa adolescente durante le veglie alle stelle e i fuochi di Bivacco, e durante le notti di pesca in spiaggia ero in loro continua compagnia. Ore e ore al buio, con tutto il tempo per permettere all'occhio di abituarsi all'oscurità. Non passò molto tempo che accanto alla canna da pesca ci fu una fotocamera che mi aiutasse a esplorare oltre ciò che l'occhio umano è in grado di percepire. I miei occhi al cielo uniti ai piedi sulla terra – continua Scarso – non mi hanno spinta sempre più lontano, ma al contrario sempre più vicino, e ho scoperto il piacere della contemplazione: una specie di estasi legata alla gioia che alcune cose esistessero, solo perché effettivamente esistevano e io potessi osservarle. Nei paesaggi cercati, osservati, esplorati e contemplati ho sentito la tensione al legame con l'Universo, ma con i piedi per Terra».
Ed ecco scorrere immagini stupende del firmamento, fissato in camera da posti suggestivi e unici: l’eclissi di luna in congiunzione con Marte e lo sciame meteoritico sulla Fornace Penna; le campagne siciliane del carrubo sotto una cometa; la luna al 2%, impercettibile a occhio umano, che si affaccia sulla chiesa di San Giovanni a Modica; la via lattea nella sua interezza, unendo gli scatti da due emisferi; le nuvole con l’effetto “marshmallow”; la pioggia di stelle di San Lorenzo; le lucciole in un campo di Monteleone d’Orvieto, in Umbria; una sorpresa sul Tirreno, a Tindari, e tante altre incredibili visioni.
In un momento storico che vede Uomo e Natura contendersi la supremazia sulla Terra, Alessia Scarso canta il ritorno alla contemplazione come auspicio di pace, chiedendo al Cielo, sede delle grandi domande dell'Uomo, il conforto di accedere allo stato di incanto e meraviglia. L'arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, intervenuto all'inaugurazione, seguendo la Cometa, ha tracciato la sua illuminante visione: «Se io riesco a guardare verso l'Alto, allora riesco a guardare verso l'Altro. E guardando l'Altro fino al Cielo avremo modo di stare molto meglio sulla terra».
Cielo e terra che si parlano in una installazione multimediale che dà il titolo alla mostra: la fotografa regista gioca con l'invisibile e l'impercettibile scoperchiando la volta di una chiesa affrescata per rivelare la vera Volta Celeste. Così il visitatore si ritrova in chiesa, ma sotto le stelle. «Da sempre l’uomo si è posto il tema del divino – riprende Alessia Scarso –. Non essendo percepibile direttamente ai sensi sulla terra, il luogo più immediato deputato alla presenza divina è il cielo, là dove Dante ha tratteggiato le sfere celesti. Scoperta dopo scoperta non si è mai sopito l’istinto a guardare in su, verso le stelle, verso il non conosciuto. “C’era una volta” è l’incipit primordiale delle storie che si narrano, ma indica per definizione qualcosa che non c’è più. C’era una volta il cielo stellato. Per tornare a vederlo, bisogna andare nel deserto o mezzo agli Oceani. Ci siamo inondati di luce che non serve e abbiamo perso le stelle».
Compagni di Alessia in questo viaggio “stellare”, i pluripremiati astrofotografi del gruppo Pictores Caeli (con molti riconoscimenti Apod ed Epod della Nasa) di cui la regista fa parte: Dario Giannobile (secondo al premio astrofotografo dell’anno dell’Osservatorio di Greenwich nella categoria Skyscape), Marcella Giulia Pace, Giorgia Hofer e Stefano De Rosa. Con sguardo cinematografico abituato a leggere un palmo sopra la realtà e uno sotto la fantasia, Scarso monologa con la notte e con le stelle, in un percorso espositivo dove il tempo si ferma in foto di paesaggi dal sapore pittorico (non a caso fra gli “ospiti” della mostra anche la pittrice Ilde Barone che ha interpretato a suo modo, con pennellate dorate, il presepe di Modica e la luna sull’Etna) e lo scorrere degli eventi rimodellato nei timelapse. Negli otto minuti di montaggio video finale ci si perde nell'Universo (opera realizzata con Giannobile e Pace premiata nei giorni scorsi a Parigi con il Photo Nightscape Awards 2021). Si va via, con la pelle d’oca, consapevoli del nostro essere infinitamente piccoli, ma con posto nell'Universo. Da riempire di senso. Sotto la “volta celeste” con i nostri sogni, mentre Alessia «accende le stelle»: perché «per ogni stella che brilla, un sogno nascerà. Accendi le stelle, accendine più che puoi. Sulle stelle ci sono tutti i sogni che facciamo noi».
Una foto, 924 parole e miliardi di stelle.