Al Vinitaly un settore «solido»
sabato 4 aprile 2009
C'è la crisi ma cerchiamo di guardare oltre. È' quello che stanno tentano di fare i vitivinicoltori italiani di fronte a numeri che non consolano e a prospettive di mercato tutte da indagare. Filosofia giusta, quindi, anche se difficile da mettere in pratica senza scossoni e di cui si coglie il senso dal Vinitaly 2009 in corso a Verona. I numeri che rimbalzano dagli stand e dai convegni di uno dei più importanti appuntamenti vitivinicoli europei parlano però chiaro: occorre lavorare molto per venir fuori dai problemi.
Certo, Luca Zaia " ministro delle Politiche Agricole " ha fatto bene, inaugurando la manifestazione, a parlare di «fondamenta solide» che il comparto vitivinicolo italiano ha anche fuori dai confini nazionali. E alcuni dati lo confermano: il valore della produzione, a prezzi di base, è di 3,1 miliardi di euro, pari al 7% del valore agricolo complessivo, il nostro Paese è il primo produttore e il primo esportatore di vino per volumi, i vini contribuiscono alla bilancia commerciale italiana con un saldo positivo di oltre 3 miliardi di euro, senza contare i tanti bei nomi che danno lustro all'Italia agroalimentare. Ma le rilevazioni negative rimangono tutte.
Secondo i dati dell'Unione Italiana Vini, infatti, il 2008 si è chiuso con una diminuzione delle esportazioni pari al 7% (anche se in valore c'è stata una crescita del 2%), con un tracollo dei vini sfusi (-16%), e una diminuzione forte di quelli imbottigliati (-4%). Da quest'ultimo punto di vista, poi, occorre notare che a perdere quote di mercato non sono stati solo i vini da tavola (i bianchi con un -4%, i rossi con il -10%), ma anche quelli Doc e Docg (in questo caso bianchi a -4% e rossi a -8). Insomma, anche le nostre corazzate vitivinicole hanno dovuto lasciare spazio ad altre agili navicelle, magari più in grado di conquistare i gusti dei consumatori e, soprattutto, le loro tasche. E non risolleva certo gli animi il fatto che a perdere di più siano stati i mercati europei (-10%) rispetto a quelli dei Paesi terzi che hanno guadagnato un timido 2%.
Perché fra i mercati più ricchi per noi ci sono la Germania, che ha messo a segno un - 10%, e poi la Francia (-27%). E anche gli USA - altro grande nostro cliente - stanno facendo soffrire
i nostri produttori con una diminuzione del 2% (che diventa del 4% in termini di valore) che promette di aggravarsi quest'anno.
Sempre da Verona, comunque, arrivano segnali incoraggianti. Come quello della crescita del 50% nelle presenza dei buyer stranieri, mentre gli operatori dovrebbero essere 160 mila da oltre 100 Paesi. Sintomi di voglia di rilancio, quindi. Anche perché la strada da percorrere " insieme a quella ovvia della qualità e dell'accuratezza delle produzioni " è quella della costruzione di nuove relazioni commerciali, di contatti diversi dal passato, di idee che facciano presa su consumatori spesso distratti ma, soprattutto, alle prese con un borsellino che minaccia di essere a lungo a corto di quattrini.
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