Gli agricoltori italiani soffocano sotto il peso dei debiti. Mentre i mercati agricoli appaiono sempre più asfittici, le esportazioni regrediscono, i costi di produzione crescono e le prospettive per il 2005 si fanno più nere.
Secondo la Confederazione Italiana degli Agricoltori (Cia), l'esposizione bancaria delle imprese agricole supera 1,7 miliardi di euro. Mentre «alcuni
istituti di credito assillano le aziende chiedendo l'immediato rientro del debito». Migliaia di imprenditori sembra siano stati costretti a ricorrere al credito ordinario per poter proseguire nella loro attività. Nell'ultimo anno, i prestiti bancari verso le aziende, secondo i calcoli della Cia, sono cresciuti di circa il 10%, con punte del 15-20% nelle zone meridionali. Poi c'è la questione dei debiti verso il sistema previdenziale. Sulle imprese agricole incomberebbero anche i crediti ceduti dall'Inps a società di cartolarizzazione che hanno ormai raggiunto i 2,5 miliardi di euro. Le aziende, soprattutto nel Sud, non possono far fronte alle richieste. In molti casi, oltre alle ingiunzioni di pagamento, sembra che le imprese si siano viste pignorare le strutture indispensabili per l'attività. Intanto, ovviamente, i problemi commerciali non hanno smesso di lavorare ai fianchi i bilanci dei contadini.
Una situazione che ha condotto ad una settimana di sit-in davanti al Senato in coincidenza della discussione della Legge Finanziaria ma che, soprattutto, rischia questa volta davvero di mandare all'aria più di qualche decina di imprese. Ma di fronte a tutto questo, le richieste dei rappresentanti degli agricoltori sono costrette ad essere sempre le stesse. Viene infatti chiesto di «individuare tempestivamente» misure per i debiti previdenziali pregressi, con lo stralcio della parte agricola dalla cartolarizzazione, con soluzioni per il pagamento compatibili con la tenuta del settore, con l'abbattimento di sanzioni ed interessi. Oltre a questo viene domandata «una sostanziale riduzione degli oneri contributivi sul costo del lavoro che deve derivare da un'efficace e condivisa riforma della previdenza agricola». Più in generale, viene chiesto un salto di qualità nella politica per il settore e, all'ABI, una revisione delle posizioni degli istituti bancari.
Di fatto, intanto, gli investimenti agricoli sono rimasti inchiodati alle posizioni del 200, mentre l'occupazione è scesa del 2% circa e i redditi dell'1,5%. Al contrario, invece, i costi sono cresciuti anche fino al 6%. Si ripresentano così anche per le aziende verdi i «vecchi» precetti di buona gestione dell'impresa: l'innovazione, la diversificazione, la ricerca di nuovi mercati, il taglio dei costi. E' un bene, quindi, che in una situazione di questo genere si parli - come verrà fatto lunedì prossimo a Roma in un incontro promosso da Confartigianato, Cna, Acli e Coldiretti - di Made in Italy ma soprattutto di creatività d'impresa per lo sviluppo anche comprendendo aziende, condotte da giovani, attive nell'agroalimentare.
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