Probabilmente pochi se ne sono accorti. Ma da qualche giorno in Europa non esistono più le quote di produzione dello zucchero. Eppure, questo comparto vale molto in termini di superficie coltivata oltre che di giro d'affari, ma anche come posti di lavoro. Dopo quello del latte, è caduto così un regime di mercato costruito per contingentare le produzioni e quindi controllare i prezzi. L'Ue va davvero verso mercati sempre più liberi, dopo anni di regole spesso soffocanti. Al contrario del latte, tuttavia, la fine delle quote per lo zucchero ha avuto e sta avendo un'evoluzione diversa. La scelta di porre fine a questo meccanismo di controllo della produzione è stata assunta nel 2013, con un settore che era già stato ampiamente riformato a partire dal 2006 anche con una corposa iniezione di fondi pari a 5,4 miliardi di euro.
Riforma e ristrutturazione, dunque, che comunque hanno mantenuto l'Europa come primo produttore al mondo di zucchero di barbabietola (che tuttavia è solo il 20% della produzione mondiale di zucchero) e che non hanno lasciato questo prodotto totalmente privo di protezioni. Oltre ad una dazio all'importazione e a meccanismi di intervento sui mercati, il comparto è dotato di un sostegno al reddito per gli agricoltori erogato come pagamento diretto.
A conti fatti, e in vista appunto della fine del regime delle quote, lo scorso anno in Europa sono stati coltivati a barbabietole 1,5 milioni di ettari e nel 2017 si è arrivati a 1,7 milioni; per i prossimi anni, invece, la superficie dovrebbe diminuire. Il taglio (certamente non ovunque indolore), naturalmente c'è stato: basta pensare che nel 2005, prima della riforma, erano 2,3 milioni gli ettari coltivati a barbabietola da zucchero in Europa. La produzione quest'anno dovrebbe arrivare attorno a 125,4 milioni di tonnellate di zucchero, il prezzo europeo potrebbe passare dagli attuali 415 euro per tonnellata a 405 euro fra poco meno di dieci anni. Sui mercati mondiali, invece, da qui al 2026 si passerà da 432 dollari a tonnellata a circa 464.
La strada è quindi segnata: le industrie potranno essere spinte verso maggiori esportazioni rispetto ad oggi. Una prospettiva sulla quale conta molto il Commissario all'Agricoltura dell'Ue, Phil Hogan, che ha parlato dell'opportunità per i produttori europei, con il termine del regime delle quote, di «ampliare i loro scambi sui mercati mondiali». I cambiamenti per un settore comunque strategico dell'agroalimentare europeo e mondiale, non sono quindi terminati. La fine delle quote scattata il primo ottobre scorso è un passo, ma non l'ultimo.
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