È finita l'estate. E sta finendo anche l'autunno: ce l'hanno ricordato le piogge torrenziali e la prima neve di questi giorni, ma ce l'hanno anche ricordato alcuni eventi sportivi capitati in una sequenza rapidissima e inversamente proporzionale a quella dei successi che tanto abbiamo celebrato nei quattro mesi che abbiamo alle spalle. Valentino Rossi domenica ha corso il suo last lap, quell'ultimo giro che nel circuito di Valencia ha messo fine a una carriera lunghissima, con un velo di tristezza e nostalgia; poche ore dopo il nostro tennista Matteo Berrettini, la cui finale a Wimbledon dell'11 luglio aveva dato il via all'indimenticabile estate azzurra, dopo un solo set della prima partita delle ATP Finals a Torino, si è infortunato agli addominali e si è sdraiato a terra, con gli occhi lucidi e con uno sguardo smarrito che molto ha ricordato quello dei nostri calciatori a Belfast che, non riuscendo a superare l'Irlanda del Nord, vedevano sfumare la qualificazione diretta ai Mondiali in Qatar. Inutile ricordare che, solo quattro mesi fa, nello stesso giorno della finale di Berrettini la nostra nazionale vinceva il campionato Europeo.
Un cerchio chiuso? Una nemesi? Un contrappasso? Una sorta di punizione per eccesso di hybris, come gli antichi Greci chiamavano quell'orgogliosa tracotanza che porta l'uomo a presumere della propria potenza e fortuna e che è immancabilmente seguita da una sorta di reazione uguale e contraria? Niente di tutto ciò, forse soltanto l'opportunità di ritornare a considerare le due facce della medaglia, le due parti della storia che lo sport può insegnare: la bellezza, l'armonia, la perfezione di quei gesti che sembrano inevitabilmente condurre verso la vittoria e, insieme, i segni della fatica, del dolore dell'infortunio, dell'insuccesso.
Sarebbe bello se invece di farci oscillare fra l'esaltazione e lo sconforto questi quattro mesi ci insegnassero a guardare allo sport con equilibrio. E soprattutto a non farci perdere di vista alcune cose meravigliose che succedono e delle quali, purtroppo, si parla un po' di meno. Come quella per la quale perfino il presidente del Consiglio Mario Draghi ha espresso le sue felicitazioni, ovvero la risoluzione della vicenda relativa alla società "Tam Tam" di basket, la squadra ideata dall'ex cestista Massimo Antonelli, che schiera ragazzi – senza cittadinanza italiana – figli di migranti di Castel Volturno, in provincia di Caserta e che non potevano partecipare alle gare del proprio campionato federale, in quanto tecnicamente "stranieri".
Grazie a una decisione del presidente federale Gianni Petrucci, che con grande sensibilità ha raccolto l'invito del presidente del Coni Giovanni Malagò, questa squadra di basket, esempio vivente del potere inclusivo dello sport, potrà ora partecipare alle gare del Campionato Under 17 Eccellenza con i propri atleti senza i limiti imposti dai regolamenti in vigore. «Sincero apprezzamento – ha dichiarato il presidente Draghi – per questa decisione che concede tale deroga a una realtà nobile che fa dell'inclusione la sua missione, e per aver dimostrato, nell'occasione, grande sensibilità per i valori civili che anche nello sport trovano espressione». Anche queste sono vittorie da celebrare.
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