sabato 11 giugno 2022
Di nuovo al bar sotto casa incontro il mio amico Z., bosniaco, reduce della guerra laggiù. Quei suoi occhi così profondi e malinconici mi spingono sempre a chiedergli: "Come va?" Z. è alto, sui sessanta, le braccia ancora forti. Non fatico a immaginarlo con un fucile nelle mani. Però, negli anni, dev'essere cambiato. Al mio "come va?" sorride, e non risponde. Quel suo sguardo vale molte parole. Dell'Ucraina è perfettamente informato, e si vede che ha viaggiato. «Ma lo sa quanto grande è la Russia? Diciassette milioni di chilometri quadrati. E sa, nelle campagne, quanto poveri sono ancora? Scaldano col fuoco a legna, mangiano patate».
Un'altra Russia. Missili ipersonici, arsenali nucleari, parate di tank davanti a Putin. Ma, dietro, un mondo povero, immenso, fronteggia l'Occidente. Ragazzi, un Kalashnikov in mano e via, al fronte.
«Kiev però - Z. è sicuro - non la prenderanno. A meno che la annientino di bombe. In una grande città, dall'alto dei palazzi la gente ti butta addosso pentole d'acqua bollente…». E in quello sguardo intuisci che Z. ha visto, ha sentito, sente ancora quelle urla. (Acqua bollente: come negli assedi medioevali). «Gli uomini, sono bestie», dice Z., e manda giù il suo grappino. Posa il bicchiere: «Non voglio ricordare».
Sì, siamo bestie: però, tu, quanto sei cambiato. Quale domanda affiora dai tuoi occhi - e tu, forse, non lo sai nemmeno.
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