Igiornali li leggo a rovescio. Parto dall'ultima, salto lo sport, mi soffermo – se ci sono – sui necrologi, mi faccio forza sull'economia, seleziono in cultura, leggo attentamente le cronache. Mi applico doverosamente ai commenti politici. Quasi sempre e solo firme di uomini, la polis è loro. Spulcio gli esteri, approdo alle prime pagine, nel più dei casi (non qui) riservate a politica e interni. E via con l'ottovolante: sì flat tax, no flat tax, Iva sui beni di lusso, no, neanche sui beni di lusso, bonus Befana, oddio è sparito. Servono 14 miliardi, no non servono più, la Borsa su, la Borsa giù, dice Di Maio, replica Gualtieri, chiosa Gentiloni, precisa Conte. 24 ore dopo, anche meno, lo scenario si è ribaltato. Ci vuole un minimo riscaldamento in cronaca, non puoi farcela con la prima appena sveglio, ancora incriccato e di malumore. Il colpo definitivo è stato qualche anno fa, una pagina dedicata al probabile "ritorno di Cirino Pomicino" (mi scuso con l'interessato). Da allora mi sono data alla lettura inversa.
Cerco un po' di vita, tutto qua. Qualcosa che le somigli. Quel trafiletto insignificante, quel buco della serratura che spalanca un mondo. Non andò così a Truman Capote il 16 novembre 1959, quando lesse sul New York Times poche righe di nera su un'intera famiglia sterminata "a sangue freddo" in Kansas? Non è di lì che prese avvio uno dei più grandi romanzi del 900?
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: