In principio era lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi, capolavoro assoluto che ha squarciato il firmamento della musica sacra come un vero e proprio fulmine a ciel sereno. «Canto del cigno» di un artista tanto geniale quanto sfortunato " morì nel 1736 (a soli ventisei anni) stroncato da una forma implacabile di tubercolosi " ha rappresentato l'irrinunciabile termine di paragone per intere generazioni di compositori, onorato da esecuzioni frequentissime e da un'infinità di copie manoscritte, edizioni a stampa e revisioni: come la celebre versione approntata già negli anni Quaranta del Settecento dal sommo Bach, che aveva adattato lo Stabat pergolesiano a una parafrasi tedesca del Salmo 51, o ancora quelle realizzate da Paisiello, Hiller e Salieri.
Nel novero dei devoti «arrangiatori» rientra anche tal Giovanni Gualberto Brunetti (1706-1787), toscano di nascita, napoletano per formazione musicale e carriera accademica, che arrivò a ricoprire la carica di direttore del Conservatorio dei Turchini nella città partenopea prima di diventare maestro di cappella presso la Cattedrale di Pisa; concepito intorno al 1764, il suo Stabat Mater consiste di 13 sezioni distinte (6 duetti, 4 arie per soprano e 3 per contralto) e rispecchia una chiara simmetria strutturale e melodica con la partitura originale di Pergolesi: in modo quasi pedissequo fino al quarto numero, con evidenti licenze stilistiche e libertà espressive nella parte centrale, per poi ritornare sui binari della «stretta osservanza» nei passi finali.
L'interpretazione offerta dall'Ensemble Turicum, con il soprano Elena Mosuc e il controtenore Luiz Alves Da Silva nel ruolo di cantanti solisti (cd pubblicato da Pan Classics e distribuito da Jupiter), mette inevitabilmente in luce la discontinuità che caratterizza l'ispirazione e la scrittura di Brunetti, senza peraltro mai tradire il fascino quasi ipnotico che ancora oggi avvolge la musica di Pergolesi, nella sua veste autentica o nei suoi svariati adattamenti; in un vorticoso «quadro d'affetti» che rappresenta la sintesi ideale tra i sentimenti di sofferenza e dolcezza, consolazione e pietà, angoscia e serenità risvegliati dalla toccante scena che ritrae la Madonna ai piedi della croce «dum pendebat Filius».
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