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“La preghiera vera è familiarità e confidenza con Dio, non è recitare preghiere come un pappagallo”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, che in piazza San Pietro ha ripreso il ciclo di catechesi sul discernimento, che “è molto importante per sapere cosa succede dentro di noi: sentimenti, idee, dobbiamo discernere da dove vengono, dove mi portano, a quale decisione. E oggi ci soffermiamo sul primo dei suoi elementi costitutivi, che è la preghiera. Per discernere ci vuole stare in uno stato di preghiera”.
La preghiera, ha spiegato Francesco, “è un aiuto indispensabile per il discernimento spirituale, soprattutto quando coinvolge gli affetti, consentendo di rivolgerci a Dio con semplicità e familiarità, come si parla a un amico. È saper andare oltre i pensieri, entrare in intimità con il Signore, con una spontaneità affettuosa”. “Il segreto della vita dei santi è la familiarità e confidenza con Dio, che cresce in loro e rende sempre più facile riconoscere quello che a lui è gradito”, ha ricordato il Papa: “la vera preghiera è familiarità, è affetto con il Signore. Questa familiarità vince la paura o il dubbio che la sua volontà non sia per il nostro bene, una tentazione che a volte attraversa i nostri pensieri e rende il cuore inquieto e incerto o amaro, pure”.
“Il discernimento non pretende una certezza assoluta: non è un metodo chimicamente puro, perché riguarda la vita, e la vita non è sempre logica, presenta molti aspetti che non si lasciano racchiudere in una sola categoria di pensiero” ha proseguito il Papa, nella catechesi odierna. “Vorremmo sapere con precisione cosa andrebbe fatto, eppure, anche quando capita, non per questo agiamo sempre di conseguenza”, l’analisi di Francesco: “Quante volte abbiamo fatto anche noi l’esperienza descritta dall’apostolo Paolo: ‘Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio’”. “Non siamo solo ragione, non siamo macchine, non basta ricevere delle istruzioni per eseguirle”, ha esclamato il Papa: “gli ostacoli, come gli aiuti, a decidersi per il Signore sono soprattutto affettivi, dal cuore”.
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“Molti, anche cristiani, pensano che Gesù possa anche essere il Figlio di Dio, ma dubitano che voglia la nostra felicità; anzi, alcuni temono che prendere sul serio la sua proposta significhi rovinarsi la vita, mortificare i nostri desideri, le nostre aspirazioni più forti” ha continuato Francesco nella catechesi, stigmatizzando la “falsa immagine di Dio che Satana suggerisce fin dalle origini: quella di un Dio che non vuole la nostra felicità”. “Questi pensieri fanno talvolta capolino dentro di noi”, ha spiegato Francesco: “che Dio ci chieda troppo, abbiamo paura che non ci voglia davvero bene”. Invece, “nel nostro primo incontro abbiamo visto che il segno dell’incontro con il Signore è la gioia”, ha fatto notare il Papa: “Nel primo incontro col Signore ognuno di noi diventa gioioso: è una cosa bella. La tristezza, o la paura, sono invece segni di lontananza da lui”.
Il giovane ricco, ad esempio, “era un giovane interessato, intraprendente, aveva preso l’iniziativa di incontrare Gesù, ma era anche molto diviso negli affetti, per lui le ricchezze erano troppo importanti. Gesù non lo costringe a decidersi, ma il testo nota che il giovane si allontana da Gesù ‘triste’”.
“Chi si allontana dal Signore non è mai contento, pur avendo a propria disposizione una grande abbondanza di beni e possibilità”. Ne è convinto il Pontefice che, a braccio, ha annotato come “Gesù mai costringe a seguirlo: Gesù ti fa sapere la volontà, con tanto cuore ti fa sapere le cose, ma ti lascia libero: e questo è la cosa più bella della preghiera. Invece, quando noi ci allontaniamo da Gesù ce ne andiamo con la tristezza del cuore”. “Discernere non è facile – ha ammesso Francesco – perché le apparenze ingannano, ma la familiarità con Dio può sciogliere in modo soave dubbi e timori, rendendo la nostra vita sempre più ricettiva alla sua ‘luce gentile’, secondo la bella espressione del Santo John Henry Newman”. “I santi brillano di luce riflessa e mostrano nei semplici gesti della loro giornata la presenza amorevole di Dio, che rende possibile l’impossibile”, il primo esempio scelto dal Papa: “Si dice che due sposi che hanno vissuto insieme tanto tempo volendosi bene finiscono per assomigliarsi. Qualcosa di simile si può dire della preghiera affettiva: in modo graduale ma efficace ci rende sempre più capaci di riconoscere ciò che conta per connaturalità, come qualcosa che sgorga dal profondo del nostro essere”.
"Vicinanza, non parole vuote che non arrivano al cuore; parlare come ad un amico, che non ricatta e
non ci abbandona mai anche quando noi ci allontaniamo da lui"
“Stare in preghiera non significa dire parole, parole, parole: no, aprire il cuore a Gesù, avvicinarsi a Gesù, lasciare che entri nel mio cuore e mi ci faccia sentire la sua presenza. E lì possiamo discernere quando è Gesù o quando siamo noi con i nostri pensieri, tante volte lontani da Gesù” ha ribadito, a braccio, il Papa, al termine dell’udienza. “Chiediamo questa grazia: di vivere una relazione di amicizia con il Signore, come un amico parla all’amico”, l’invito ai presenti in piazza San Pietro.
Nel finale anche un racconto a braccio: “Ho conosciuto un vecchio fratello, un religioso, che è un portiere di un collegio. Lui, ogni volta che poteva si avvicinava alla cappella, guardava l’altare e diceva: ‘Ciao!’. Perché aveva vicinanza con Gesù. Ciao! Ti sono vicino e tu mi sei vicino: questa vicinanza, vicina affettiva con i fratelli, vicinanza con Gesù, un sorriso, un semplice gesto, e non recitare parole che non arrivano al cuore”. “È una grazia che dobbiamo chiedere gli uni per gli altri”, ha raccomandato Francesco: “vedere Gesù come il nostro amico più grande e fedele, che non ricatta, soprattutto che non ci abbandona mai, anche quando noi ci allontaniamo da lui”. “Quando noi ci allontaniamo da lui – ha concluso a braccio il Papa – lui rimane alla porta del cuore. Rimane lì, a portata di mano, a portata di cuore, perché lui è sempre fedele. Andiamo avanti con la ‘preghiera del ciao’, di salutare il Signore con il cuore, la preghiera dell’affetto, della vicinanza, con poche parole ma con gesti e con opere buone”.
IL VIDEO DELLA CATECHESI