Uno degli incontri che l’attore Lino Banfi ha avuto con papa Francesco a Casa Santa Marta - Ansa
«Lei dice che sono il nonno d’Italia. Io le dico che Lei è l’abuelo del mundo». A parlare è l’attore Lino Banfi, volto noto della televisione e del cinema, e la definizione di “nonno del mondo” è rivolta a papa Francesco, con il quale ha stretto un forte legame di amicizia. Lo scrive nella lettera che proprio in questi giorni ha voluto inviare al Pontefice per ringraziarlo del messaggio che Francesco gli ha rivolto in occasione della morte dell’amatissima moglie Lucia Sagrasta in Zagaria (avvenuta il 22 febbraio scorso). « Raccogli l’eredità di fede e di bontà di tua moglie Lucia continuando a testimoniare la bellezza del vincolo di amore che vi ha tenuti uniti, la bellezza incomparabile della famiglia – scrive il Pontefice nella lettera –. Ti esprimo il mio affetto e invocando la protezione sella Santa Vergine di cuore benedico te e quanti piangono la scomparsa di Lucia».
«Sono rimasto molto colpito per questo gesto che ha voluto rivolgere a me e alla mia famiglia », dice con la voce commossa l’attore pugliese, che proprio con la moglie Lucia era stato ricevuto in udienza privata nel marzo 2022 in occasione dei loro 60 anni di matrimonio. « Francesco disse a mia moglie: suo marito la farà molto ridere. E io aggiunsi: tranne quando sono incavoleto. Ridemmo tutti molto per questa parola pronunciata come fa il mio personaggio».
E pensare che quando nel 2013 avvenne l’elezione di Francesco, rivela Banfi che seguì tutto nelle dirette televisive di quei giorni, «ero rimasto molto preoccupato per Benedetto XVI, con il quale avevo avuto diversi incontri, e mi domandavo se avrei mai potuto conoscere anche il nuovo Papa. Sa, era straniero e di certo non poteva conoscermi».
Dopo il ritorno del Papa emerito in Vaticano, «scrissi a Benedetto XVI chiedendogli la possibilità di andarlo a trovare, ma la lettera restò senza risposta per un po’ di tempo». Poi una mattina la chiamata: « Benedetto XVI la riceve volentieri, venga domani sera». Fu così che Lino Banfi rivide Ratzinger. « E ci restai a colloquio per quaranta minuti nel monastero in cui si era ritirato in Vaticano. Quell’incontro mi tranquillizzò perché vedevo che non era malato come temevo e come avevo pensato guardando l’elicottero che lo portava a Castel Gandolfo (era il 28 febbraio 2013, ultimo giorno del pontificato, ndr). Prima di andare via gli dissi che mi sarebbe piaciuto conoscere il nuovo Papa. Ma non osai dire di più».
Quel giorno arrivò qualche tempo dopo, anch’esso inaspettato. « Ero accompagnato da un amico sacerdote (don Sergio Mercanzin) e ci avevano fatto andare in una saletta di Casa Santa Marta. Quando il Papa entrò nella stanza mi salutò dicendo: “Lei è una persona importante”. Rimasi colpito. Parlammo per qualche minuto. “Mi hanno detto che abbiamo la stessa età” (Banfi è nato nel luglio 1936, mentre Bergoglio a dicembre dello stesso anno, ndr), mi disse e aggiunse “Lei è il nonno d’Italia”. Un incontro breve, ma che mi è rimasto nel cuore. Da quel giorno gli ho scritto diverse volte e il Papa mi ha sempre risposto».
Ne è nato un rapporto che «oso definire di amicizia, anche perché è stato lo stesso Francesco a dirmelo in uno dei nostri incontri. Di certo con lui ho parlato di tante cose, anche mie personali e della mia famiglia», come della malattia della moglie. «Gli dissi che Lucia mi aveva detto di chiedergli la grazia di poter morire io e lei insieme per non lasciare l’altro da solo. “Dillo a Lui che è più vicina a Dio”. La sua risposta fu molto dolce: “Mi dispiace, ma non ho questo potere”. Ma non ha mai fatto mancare la sua vicinanza ». Come si è visto anche nel momento della morte della signora Lucia.
E in quegli incontri c’è stato spazio anche per qualche momento di serenità. «Gli ho detto una volta che vorrei essere il giullare del Papa, così quando è di cattivo umore o arrabbiato io arrivo e la faccio sorride. Mi ha risposto che ci avrebbe pensato. Vede, per me, questi incontri con ben tre Papi (oltre a Bergoglio e Ratzinger, anche Giovanni Paolo II) e il rapporto che ne è scaturito sono dei veri e propri riconoscimenti di cui vado orgoglioso. Come fossero il mio premio Oscar. Mai avrei pensato che un attore come me potesse instaurare simili rapporti con il Papa, che per me cattolico è il rappresentante di Dio sulla terra». E confida ad Avvenire che gli piacerebbe mettere nero su bianco questa esperienza, senza venire meno alla riservatezza, di aver fatto sorride ben tre Pontefici. «Chissà – ci dice – è una idea su cui sto ragionando».
Del resto qualsiasi Pontefice ha necessità di trovare momenti di serenità e gioia visto che i problemi non mancano, «anche se Francesco ne deve affrontare davvero tanti in questo pontificato. Si è trovato davvero tante cose brutte e pesi sulle spalle. Ecco io lo ammiro per come porta e affronta questi pesi. È un portatore sano di fede ». Quindi il saluto finale di Banfi. «Gli auguro che sia sempre forte anche per i prossimi dieci anni di pontificato. Forse dovrei dire meno vista la nostra età, ma tra dieci anni avremo 97 anni e quindi auguro a entrambi altri dieci anni di lettere e incontri», conclude sorridendo l’attore.