La giornata del Papa a Tallinn, e il viaggio apostolico nei Paesi Baltici, si chiude con la Messa presieduta in Piazza della Libertà nel centro storico della capitale estone. Alcune migliaia i fedeli presenti, in pratica tutta – o quasi - la comunità del Paese. Ci sono anche vescovi, e cattolici, provenienti da fuori. E’ qui che Papa Francesco esalta la riconquista della libertà da parte dei Paesi visitati. La paragona a quella recuperata dal popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto.
Con una avvertenza, che sembra alludere anche alle tensioni diplomatico-militari che si sono registrate negli ultimi anni in questa regione tra i Paesi Baltici – tutti membri della Nato - e la Russia. Non fa nomi. A volte, dice, “alcuni” misurano con parametri sbagliati “la forza di un popolo”. “C’è chi parla – spiega - con un tono più alto, così che parlando sembra più sicuro – senza cedimenti o esitazioni –; c’è chi, alle urla, aggiunge minacce di armi, spiegamento di truppe, strategie... Questo è colui che sembra più ‘forte’”. Ma questo “non è cercare la volontà di Dio, ma un accumulare per imporsi sulla base dell’avere”. Questo atteggiamento infatti “nasconde in sé un rifiuto dell’etica e, con essa, di Dio”. Perché “l’etica ci mette in relazione con un Dio che si aspetta da noi una risposta libera e impegnata verso gli altri e verso il nostro ambiente, una risposta che è al di fuori delle categorie del mercato”. “Voi – aggiunge -non avete conquistato la vostra libertà per finire schiavi del consumo, dell’individualismo o della sete di potere o di dominio”. Di qui l’invito a non essere “esclusivi né settari”. A “crescere in uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoverci e fermarci davanti all’altro, ogni volta che sia necessario”. Ad “essere santi risanando i margini e le periferie della nostra società, là dove il nostro fratello giace e patisce la sua esclusione”.
Con la Messa nel cuore di Tallinn finisce il breve e intenso viaggio apostolico nei Paesi Baltici. Tre paesi vicini e diversi. Nella periferia dell’Unione europea.
ORE 15.30 Dopo il pranzo consumato col seguito nel Convento delle brigidine il Papa incontra un centinaio di ospiti delle Opere assistenziali della Chiesa, gestite dall’amministrazione apostolica e dalle suore missionarie della carità. Siamo nella cattedrale cattolica dei SS. Pietro e Paolo. È un momento breve e intenso. Papa Francesco ascolta, ringrazia, benedice. IL TESTO INTEGRALE
ORE 12: L'INCONTRO ECUMENICO CON I GIOVANI
Il secondo appuntamento del Papa a Tallinn è nella chiesa luterana Kaarli Kirik, per l’incontro ecumenico con i giovani. L’arcivescovo evangelico Urmaas Viilma gli dà il benvenuto. Sono presenti anche il vescovo francese Philippe Jourdan, l’amministratore apostolico nel Paese, e altri rappresentanti delle diverse confessioni del Paese. Il Papa viene accolto da applausi dai tanti ragazze e ragazzi presenti nell'edificio sacro. Ascolta le testimonianze di tre di loro: Lisbel, Tauri e Mirko.
E poi risponde. Invita ad “aprire il cuore con fiducia al compagno di strada senza sospetti”, sottolineando che “avere fiducia negli altri” è “artigianale” come “la pace”. Ricorda che nella consultazione per l’imminente del Sinodo sui giovani, “molti di voi chiedono che qualcuno vi accompagni e vi capisca senza giudicare e sappia ascoltarvi, come pure rispondere ai vostri interrogativi”. Osserva che “le nostre Chiese cristiane – e oserei dire ogni processo religioso strutturato istituzionalmente – a volte si portano dietro atteggiamenti nei quali è stato più facile per noi parlare, consigliare, proporre dalla nostra esperienza, piuttosto che ascoltare, lasciarsi interrogare e illuminare da ciò che voi vivete”. Ammette che i “più coraggiosi” tra i giovani chiedono agli adulti: “Non vi accorgete che nessuno vi ascolta più, né vi crede?”. Cita l’Instrumentum laboris del Sinodo per confessare “che molti giovani non ci chiedono nulla perché non ci ritengono interlocutori significativi per la loro esistenza”. “È brutto questo”. Di più. Alcuni “chiedono espressamente di essere lasciati in pace, perché sentono la presenza della Chiesa come fastidiosa e perfino irritante”. Infatti “li indignano gli scandali sessuali ed economici di fronte ai quali non vedono una condanna netta; il non saper interpretare adeguatamente la vita e la sensibilità dei giovani per mancanza di preparazione; o semplicemente il ruolo passivo che assegniamo loro”. A queste richieste, ribadisce il Papa, bisogna rispondere con una “comunità trasparente, accogliente, onesta, attraente, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva”. “Cioè una comunità senza paura”, perché “le paure ci chiudono”, “ci spingono ad essere proselitisti”, mentre “la fratellanza è un’altra cosa”.
IL VIDEO DEL DISCORSO AI GIOVANI
Rivolto ai giovani di diverse confessioni cristiane il vescovo di Roma sottolinea che una comunità cristiana, se lo è “davvero”, “non fa proselitismo”. Li ringrazia, perché “nonostante la nostra mancanza di testimonianza, continuate a scoprire Gesù in seno alle nostre comunità”. Cita una cantante estone, Kerli Koiv, L’amore è morto, ma commenta: “No, per favore: facciamo che l’amore sia vivo". Dà un compito. “Noi – spiega - siamo uniti dalla fede di Gesù, ed è Lui che attende che lo portiamo a tutti i giovani che hanno perso il senso della loro vita”. “Anche i credenti possono perdere il senso della vita – aggiunge – e questo succede quando sono incoerenti”. “Accogliamo insieme – insiste - quella novità che Dio porta nella nostra vita; quella novità che ci spinge a partire sempre di nuovo, per andare là dove si trova l’umanità più ferita”. “Ma non andremo mai da soli: - aggiunge citando le Scritture - Dio viene con noi; Lui non ha paura delle periferie, anzi, Lui stesso si è fatto periferia”. E così “se abbiamo il coraggio di uscire da noi stessi e andare nelle periferie, là lo troveremo, perché Gesù ci precede nella vita del fratello che soffre ed è scartato. Egli è già là”. “L’amore” insomma “non è morto”, ma “ci chiama e ci invita”. “Chiediamo la forza apostolica – conclude – di portare il Vangelo agli altri e di rinunciare a fare della nostra vita cristiana un museo di ricordi”. IL TESTO INTEGRALE
ORE 10: IL DISCORSO ALLE AUTORITÀ: BENESSERE NON È SEMPRE SINONIMO DI VIVERE BENE
La presidente Kersti Kaljulaid – 49 anni, madre di 4 figli – come dono gli consegna la “residenza digitale” in Estonia. E nel suo saluto cita la Lettera di San Paolo ai Romani con San Francesco. Ricorda poi che la Santa Sede non ha mai riconosciuto l’occupazione sovietica del suo Paese, come quella degli altri Paesi baltici. Così quando queste nazioni erano parte dell’Urss nelle pagine dell’Annuario Pontificio riservate alle rappresentanze diplomatiche accreditate presso la Santa Sede venivano sempre elencate Lituania, Lettonia ed Estonia.
Papa Francesco nel suo discorso davanti alle autorità rammenta che “da secoli queste terre sono chiamate ‘Terra di Maria’, Maarjamaa”. E confida che gli piace pensare all’Estonia come “terra di memoria e di fecondità”.
Il Pontefice invita a “coltivare la memoria riconoscente” per quelli che hanno “combattuto” per “la libertà e l’indipendenza”. E’ grazie al “lavoro” e alla “fede” dei “vostri padri” – rimarca – che l’Estonia nei 25 anni dalla liberazione ha compiuto “passi da gigante” tanto da arrivare ad alti livelli nell’“indice di sviluppo umano”, nella “capacità di innovazione”, nonché nelle libertà di stampa e politica.
Tuttavia, aggiunge, “occorre sempre ricordare che il benessere non è sempre sinonimo di vivere bene”. Le “nostre società tecnocratiche” infatti generano “la perdita del senso della vita, della gioia di vivere e, quindi, uno spegnersi lento e silenzioso della capacità di meraviglia, che spesso immerge la gente in una fatica esistenziale”. Così “la consapevolezza di appartenere e di lottare per gli altri, di essere radicati in un popolo, in una cultura, in una famiglia può andare perduta a poco a poco privando, soprattutto i più giovani, di radici a partire dalle quali costruire il proprio presente e il proprio futuro, perché li si priva della capacità di sognare, di rischiare, di creare”. Di qui l’esortazione a diventare “artigiani di legami”.
Per Papa Francesco infatti “una terra feconda richiede scenari a partire dai quali radicare e creare una rete vitale in grado di far sì che i membri delle comunità si sentano ‘a casa’”. Così “una terra sarà feconda, un popolo darà frutti e sarà in grado di generare futuro solo nella misura in cui dà vita a relazioni di appartenenza tra i suoi membri, nella misura in cui crea legami di integrazione tra le generazioni e le diverse comunità che lo compongono; e anche nella misura in cui rompe le spirali che annebbiano i sensi, allontanandoci sempre gli uni dagli altri”.
E in questo “sforzo”, assicura il Pontefice, l’Estonia potrà “sempre contare sul sostegno e sull'aiuto della Chiesa Cattolica, una piccola comunità tra di voi, ma con tanta voglia di contribuire alla fecondità di questa terra”. IL TESTO INTEGRALE
Papa Francesco è arrivato martedì 25 settembre in Estonia per l’ultima tappa del suo viaggio apostolico nei Paesi Baltici. Lasciata Vilnius, capitale della Lituania all’80% cattolica, è volato a Tallinn, capitale dello Stato meno religioso della regione, con oltre il 70% di non credenti. E ospita la più piccola comunità cattolica dei Paesi visitati dal Papa. Appena 6000 anime. Anche per questo ad accoglierlo non ci sono state le folle trovate anche in Lettonia. Ma nella città, battuta dal vento freddo del Baltico, si è registrata attesa e curiosità per l’illustre ospite venuto da Roma.
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