Il Papa prima di partire per l'Ungheria si è recato a pregare alla Basilica di Santa Maria Maggiore - Osservatore Romano / Archivio Ansa (2014)
Se si dovessero scegliere tre aggettivi per definire il 34° viaggio internazionale di Francesco, che inizia domenica con la breve tappa di Budapest per la Messa conclusiva del Congresso eucaristico internazionale, probabilmente i più calzanti sarebbero «spirituale», «ecumenico» e «interreligioso» (soprattutto in riferimento al dialogo con l’ebraismo). Ma non sarebbe inopportuno aggiungerne anche un quarto: viaggio «politico». E non tanto in relazione all’incontro con il premier ungherese Viktor Orbàn, che ha attirato l’attenzione dei media e che dovrebbe tenersi subito dopo l’arrivo (salvo imprevisti dell’ultima ora), quanto piuttosto perché Ungheria e Slovacchia sono anche geograficamente nel cuore dell’Europa. E dunque, come ricordava già giovedì il portavoce vaticano Matteo Bruni, sullo sfondo dell’itinerario non possono non esserci anche tutte le questioni che agitano il Vecchio Continente.
Di sicuro c’è che l’Eucaristia e la spiritualità mariana, l’ecumenismo e l’amicizia ebraico-cristiana, fortemente presenti del programma del viaggio (che si concluderà mercoledì 15 al Santuario nazionale slovacco della Madonna dei Sette Dolori) hanno naturalmente una ricaduta sulla vita pubblica. Sia storicamente, sia per l’oggi. Non si può parlare di Eucaristia, infatti, senza pensare alla comunione fraterna, dunque all’accoglienza, alla solidarietà, all’incontro, al dialogo e all’attenzione verso i più bisognosi. Tutte istanze che richiedono evidentemente anche un’azione politico-legislativa nelle Istituzioni comunitarie, come nei Parlamenti nazionali. Specie in un tempo come il nostro così esposto al rischio dell’individualismo e di chiusure nazionalistiche, che da quelle parti, tra l’altro, si sono già viste.
E non si può mettere l’accento sull’incontro tra le diverse confessioni cristiane e con le comunità ebraiche senza riandare con la memoria alle ferite del secolo scorso: soprattutto le sofferenze dei cristiani di fronte ai regimi comunisti della parte oltrecortina dell’Europa e in precedenza le deportazioni naziste che in pratica spazzarono via gli ebrei dai due paesi visitati dal Papa. Ecco perché il messaggio di fraternità che Francesco vuole trasmettere anche con questo viaggio suona come la ripetizione di un monito già fatto proprio dai suoi predecessori (Giovanni Paolo II ha visitato più volte i due Paesi) e più volte ribadito in questo pontificato anche come lascito per i giovani: mai più. Mai più un’Europa dilaniata da guerre e ideologie. Sì invece all’armonia delle diversità.
Il programma delle prime due giornate è in pratica la traduzione di queste linee portanti. È chiaro che al centro dell’odierna domenica vi sia la Messa finale del Congresso Eucaristico nella Piazza degli Eroi di Budapest (alle 10,30), la stessa che ospitò l’analogo appuntamento del 1938 alla presenza del delegato Pontificio Eugenio Pacelli, futuro Pio XII. Partecipandovi di persona, papa Bergoglio, ha voluto riallacciarsi alla tradizione di presenze papali inaugurata da Paolo VI a Bombay nel 1964 e proseguita in diverse occasioni anche con Giovanni Paolo II. Ma soprattutto intende ricordare che al centro della vita della Chiesa c’è il sacrificio di Cristo.
Al tempo stesso, però, l’itinerario papale prevede una serie di tappe che danno corpo alle altre anime del viaggio. A Budapest, questa mattina, oltre all’incontro con le massime autorità ungheresi, sono in programma l’incontro con i vescovi, e quello con i rappresentanti delle Chiese (il Cec) e di alcune comunità ebraiche magiare (furono mezzo milione gli ebrei ungheresi deportati). Incontri, questi, che verranno replicati a Bratislava (dove il Papa atterrerà nel primo pomeriggio) tra oggi e domani. Più precisamente alle odierne 16,30 l’incontro ecumenico nella nunziatura della capitale slovacca e domani pomeriggio con gli ebrei nella piazza Rybné nemestie dove sorge un memoriale dedicato alla Shoà.
Anche a Bratislava il Papa incontrerà le autorità, ma in questo caso rivolgerà anche un discorso al corpo diplomatico (domani mattina). E nel primo pomeriggio farà una visita privata al Centro Betlemme delle missionarie della carità, dove da oltre vent’anni le suore di Madre Teresa si prendono cura di senzatetto, indigenti, persone bisognose d’aiuto e senza dimora. La carità concreta sarà dunque la "quinta colonna", e non meno importante delle altre (si veda l’incontro con la comunità Rom a Kosice, martedì), di un pellegrinaggio che riporta l’Eucaristia nel cuore dell’Europa. Con tutte le sue implicazioni.