Il presidente della Conferenza episcopale canadese, Raymond Poisson, vescovo di Saint Jerome-Mount Laurier - Collaboratori
Un passo nel cammino della riconciliazione con le popolazioni autoctone e un conforto per i cattolici canadesi turbati dalle notizie sulle scuole residenziali. Il presidente della Conferenza episcopale canadese, Raymond Poisson, vescovo di Saint Jerome-Mount Laurier, a pochi chilometri da Montreal, ha grandi attese per la visita del Papa che comincerà oggi ad Alberta.
Eccellenza, ci aiuta a comprendere il significato di questa visita?
Il Pontefice ha accettato l’invito dei vescovi canadesi di venire nella nostra terra nel contesto della riconciliazione con le popolazioni indigene. Durante il suo incontro con i rappresentanti delle Prime Nazioni autoctone in Vaticano, si è scusato per la partecipazione della Chiesa cattolica nella gestione nelle scuole residenziali. Quando poi gli ho parlato di quanto sant’Anna sia importante per i canadesi, sia autoctoni che non, ha accettato con entusiasmo di venire a celebrare con loro la festa della madre di Maria.
E per poterlo fare il Papa coprirà grandi distanze in sei giorni.
Il programma è stato deciso in collaborazione con i leader delle Prime Nazioni e sono state scelte una tappa nell’Est e una nell’Ovest, due realtà molto diverse. E poi una nel Grande Nord, terra d’origine della popolazione Inuit. Ad Alberta, dove Francesco atterrerà, è stato scelto un luogo di pellegrinaggio, il lago Sant’Anna, a Nord di Edmonton, un bellissimo luogo naturale. Chiamato Wakamne o lago di Dio dalla nazione Alexis Nakota Sioux e Manito Sahkahigan o Lago Spirito dai Cree, da oltre cent’anni è la destinazione di incontri spirituali unici in Nord America. Il Papa visiterà anche una scuola residenziale che è stata aperta dal 1916 al 1975. All’Est è stato scelto il Santuario di Sant’Anna de Beaupré, un’altra antica meta di pellegrinaggio che accoglie persone di ogni appartenenza etnica e sociale da oltre 350 anni. Da allora i Mi’kmaq onorano sant’Anna come un’anziana che guida con saggezza la comunità. Entrambi i siti faranno da sfondo a eventi ad ampia partecipazione di pubblico, che si alterneranno a momenti più privati, in particolare quello nel Nunavut, dove il Papa andrà a salutare gli Inuit a casa loro. Ad ogni tappa c’è stata un’enorme richiesta e i posti sono già tutti esauriti.
Pensa che la visita avrà risultati concreti per rasserenare i rapporti fra la Chiesa e le popolazioni indigene canadesi?
Penso che ci permetterà di andare al di là delle scuse per cominciare a fare insieme dei gesti che permettano di avanzare insieme, senza dimenticare. Il primo è la venuta stessa del Papa, soprattutto nell’ottica della sua ridotta mobilità, che rivela il suo grande interesse. Inoltre i vescovi canadesi hanno creato un fondo di 30 milioni di dollari, che per la nostra Chiesa locale è stato difficile raccogliere, per progetti da realizzare in cinque anni insieme ai consigli delle bande e delle riserve, che approfondiscano la mutua conoscenza e costruiscano dei monumenti in memoria dei bambini morti nelle scuole residenziali. Sono già stati creati dei comitati congiunti a questo scopo.
Che realtà cattolica trova il Papa in Canada?
In Quebec, da dove vengo e dove si trova la mia diocesi, siamo passati in relativamente poco tempo da una Chiesa che era un’istituzione sociale, all’interno della quale la pratica religiosa non era sempre vissuta in piena libertà a causa della pressione sociale, a una Chiesa che riunisce persone che decidono di pregare e di implicarsi nella vita comunitaria malgrado la pressione sociale che spinge in direzione contraria. Sono sempre sorpreso di vedere come questa tensione permane fra i fedeli. Il risultato è che la presenza alla Messa domenicale è molto bassa, ma ci sono molti segni che la fede e il bisogno di spiritualità sono forti, come si vedrà in occasione della visita del Santo Padre. Noto ad esempio che i giovani sono molto più interessati dei loro genitori, cresciuti all’indomani della cosiddetta rivoluzione tranquilla. Penso che il Papa saprà portare loro, in questo contesto, la conferma che la Parola di Gesù dà senso alla vita.
Le notizie di abusi nelle scuole residenziali per bambini autoctoni hanno turbato i cattolici canadesi. Che cosa aspettano dall’arrivo del Papa?
Soprattutto dell’Ovest, dove la presenza e l’influenza delle scuole è stata molto più significativa, i cattolici hanno sofferto all’apprendere queste notizie. Io ho 74 anni e non ne avevo sentito parlare fino al 2015, quando è stato presentato il primo rapporto su queste scuole volute dal governo. Nel 2021, alla scoperta dei cimiteri, che sono già citati dal rapporto, l’emozione ha preso il sopravvento anche fra i cattolici. Il Papa porterà loro conforto e conferma della sua volontà di riconciliazione.
Molti canadesi seguiranno la visita attraverso le reti sociali: lo vede come un bene?
Assolutamente. Diffonderemo al massimo ogni tappa sulle reti sociali per toccare più gente possibile. Questi mezzi sono nostri alleati e bisogna saperli utilizzare e relativizzare. E soprattutto collaborare con loro perché il Vangelo incontri l’uomo.