L'Eucaristia è il "farmaco" efficace contro le nostre chiusure. Fragilità e forza, amore e tradimento, peccato e misericordia. Papa Francesco, nella catechesi all’Angelus in Piazza San Pietro - come riporta Vatican News -, si sofferma su questi aspetti parlando della Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, il Corpus Domini, e del racconto dell’Ultima Cena di Gesù con l’istituzione dell’Eucaristia, “il sacramento più grande”, il Pane di vita.
Richiamando le parole di don Primo Mazzolari, Papa Francesco, già al mattino nella sua omelia per la solennità del Corpus Domini, aveva prefigurato l’immagine di una Chiesa che è “una sala grande”, dalle "porte aperte", “dove tutti possono entrare”. Non "un circolo piccolo e chiuso", ma "una Comunità con le braccia spalancate, accogliente verso tutti”. Una comunità dove si guarda all'Eucarestia con "stupore e adorazione": se manca quello, avverte il Papa, "non c'è strada che ci porti al Signore. Neppure ci sarà il Sinodo". L'Eucaristia è pane dei peccatori non premio dei santi. “La Chiesa dev’essere una sala grande”, ha affermato a più riprese Francesco nella Messa per il Corpus Domini celebrata anche quest'anno all’Altare della Cattedra di San Pietro e non - a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia - nel tradizionale scenario del sagrato di San Giovanni in Laterano, con la processione fino a Santa Maria Maggiore, oppure in luoghi di periferia come avvenuto nel 2018, con la celebrazione a Ostia, e nel 2019, nel quartiere romano di Casal Bertone. Contingentato anche il numero dei fedeli presenti in Basilica. A loro, e alle centinaia di persone collegate alla celebrazione via streaming, il Pontefice pone una domanda: “Quando si avvicina qualcuno che è ferito, che ha sbagliato, che ha un percorso di vita diverso, la Chiesa è una sala grande per accoglierlo e condurlo alla gioia dell’incontro con Cristo?”. “L’Eucaristia vuole nutrire chi è stanco e affamato lungo il cammino, non dimentichiamolo!”, afferma Francesco. “La Chiesa dei perfetti e dei puri è una stanza in cui non c’è posto per nessuno; la Chiesa dalle porte aperte, che festeggia attorno a Cristo, è invece una sala grande dove tutti possono entrare”.
L'umanità assetata
Quella della sala grande è una delle tre immagini proposte dal Vangelo della Solennità, che il Pontefice usa come spunti di riflessione per la sua omelia. L’altra immagine è l’uomo che porta una brocca d’acqua. “Seguitelo”, dice Gesù ai due discepoli inviati in città, perché dove li avrebbe condotti quell’uomo, là si sarebbe celebrata la Cena della Pasqua. Un uomo “anonimo” diventa dunque “guida per i discepoli”, mentre la brocca d’acqua è “segno di riconoscimento” che, dice il Papa, fa pensare all’“umanità assetata”, sempre alla ricerca di una sorgente d’acqua che la disseti e la rigeneri”.
Non possiamo farcela da soli
Bisogna riconoscerla, però, questa “sete di Dio” per celebrare l’Eucaristia. Bisogna essere, cioè, “consapevoli che non possiamo farcela da soli ma abbiamo bisogno di un Cibo e di una Bevanda di vita eterna che ci sostengono nel cammino”. “Il dramma di oggi - osserva il Pontefice - è che spesso la sete si è estinta. Si sono spente le domande su Dio, si è affievolito il desiderio di Lui, si fanno sempre più rari i cercatori di Dio. Dio non attira più perché non avvertiamo più la nostra sete profonda”. La sete di Dio, rimarca il Papa, “ci porta all’altare”; se manca “le nostre celebrazioni diventano aride”.
Una Chiesa con la brocca in mano
“Diventiamo una Chiesa con la brocca in mano, che risveglia la sete e porta l’acqua”, è dunque l’esortazione conclusiva del Papa per questa festa del Corpus Domini. “Spalanchiamo il cuore nell’amore, per essere noi la sala spaziosa e ospitale dove tutti possano entrare a incontrare il Signore. Spezziamo la nostra vita nella compassione e nella solidarietà, perché il mondo veda attraverso di noi la grandezza dell’amore di Dio”.
IL TESTO DELL'OMELIA DEL PAPA PER IL CORPUS DOMINI
Il video della Messa del Papa per il Corpus Domini
L'Eucaristia è pane dei peccatori non premio dei santi
L’Eucaristia guarisce perché unisce a Gesù: ci fa assimilare il suo modo di vivere, la sua capacità di spezzarsi e donarsi ai fratelli, di rispondere al male con il bene. Ci dona il coraggio di uscire da noi stessi e di chinarci con amore verso le fragilità altrui. Come fa Dio con noi. Questa è la logica dell’Eucaristia: riceviamo Gesù che ci ama e sana le nostre fragilità per amare gli altri e aiutarli nelle loro fragilità.
Una logica nuova che Francesco ritrova in quel “gesto umile di dono, di condivisione” che porta Gesù a non dare pane in abbondanza per sfamare le folle ma ad offrire se stesso. “In questo modo Gesù – afferma il Papa - ci mostra che il traguardo della vita sta nel donarsi, che la cosa più grande è servire. E noi ritroviamo oggi la grandezza di Dio in un pezzetto di Pane, in una fragilità che trabocca amore e condivisione”.
Nell’Eucaristia la fragilità è forza: forza dell’amore che si fa piccolo per poter essere accolto e non temuto; forza dell’amore che si spezza e si divide per nutrire e dare vita; forza dell’amore che si frammenta per riunirci tutti noi in unità.
Il Pane dei peccatori
Un amore che si rafforza se è donato a chi ha sbagliato. Nel tradimento del discepolo, “il dolore più grande per chi ama”, in quell’ “abisso più profondo” Gesù non punisce ma dona misericordia.
Quando riceviamo l’Eucaristia, Gesù fa lo stesso con noi: ci conosce, sa che siamo peccatori e sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’Eucaristia non è il premio dei santi, ma il Pane dei peccatori. Per questo ci esorta: “Non avete paura! Prendete e mangiate”.
In quel Pane c’è un “senso nuovo alle nostre fragilità”, Gesù ci dice che siamo preziosi, “ci ripete – afferma il Papa - che la sua misericordia non ha paura delle nostre miserie”.
E soprattutto ci guarisce con amore da quelle fragilità che da soli non possiamo risanare. Quali fragilità? Pensiamo. Quella di provare risentimento verso chi ci ha fatto del male – da questo da soli non possiamo guarire -; quella di prendere le distanze dagli altri e isolarci in noi stessi – da quella da soli non possiamo guarire -; quella di piangerci addosso e lamentarci senza trovare pace; anche da questa, noi soli non possiamo guarire. È Lui che di guarisce con la sua presenza, con il suo pane, con l’Eucaristia. L’Eucaristia è farmaco efficace contro queste chiusure.
Infine Francesco ricorda che nei quattro versetti della Liturgia delle ore c'è "il riassunto di tutta la vita di Gesù". "E ci dicono così che Gesù nascendo, si è fatto compagno di viaggio nella vita. Poi, nella cena si è dato come cibo. Poi, nella croce, nella sua morte, si è fatto prezzo: ha pagato per noi. E adesso, regnando nei Cieli è il nostro premio, che noi andiamo a cercare quello che ci aspetta".
Al termine dell'Angelus, il Pontefice ha ricordato l'iniziativa dell'Azione Cattolica che si terrà martedì: "Dopodomani, martedì 8 giugno, alle ore 13.00, l’Azione Cattolica Internazionale invita a dedicare un minuto per la pace, ciascuno secondo la propria tradizione religiosa. Preghiamo in particolare per la Terra Santa e per il Myanmar".
Poi ha rivolto il suo saluto ai "ragazzi del Progetto Contatto di Torino e il Gruppo Devoti della Madonna dei Miracoli di Corbetta, le famiglie di Cerignola e l’Associazione Nazionale Ambulanti, con numerosi lavoratori delle fiere e artisti di strada", ringraziandoli per i doni ricevuti. Infine un pensiero e un incoraggiamento ai salentini del sud della Puglia che in Piazza San Pietro hanno ballato "la pizzica".
IL TESTO DELL'ANGELUS DEL PAPA
Il video dell'Angelus