L'albero e il presepe di piazza San Pietro - Reuters
Squarci di cielo tra le nuvole, mentre su piazza San Pietro calano le ombre della sera. E in effetti è uno squarcio di luce che si accende nelle tenebre, anche l’addobbo luminoso dell’albero di Natale giunto fin qui dal Piemonte (diocesi di Saluzzo) e le luci del presepe che quest’anno è stato offerto dalla diocesi di Rieti, nell’800.mo anniversario del primo presepe ideato a Greccio da san Francesco in persona. La scena di quest’anno ha anche l’apporto degli artigiani di Cinecittà. Sono quasi le 18,00 di un sabato pomeriggio freddo, ma il clima si riscalda man mano davanti ai due simboli natalizi per eccellenza. E lo sguardo, dalla piazza al centro della cristianità, si allarga a tutto il mondo, specie là dove la luce del Natale deve fare i conti con la guerra e la sofferenza.
Il presepe e l’albero di piazza San Pietro, aveva detto in mattinata il Papa, siano l’occasione per pensare al dramma dei bambini di Terra Santa, che pagano il conto della guerra, e alla necessaria conversione ecologica, che parte anche dai piccoli gesti.
Il Pontefice non ha preso parte alla cerimonia di accensione delle luci, presieduta dal cardinale Fernando Vérgez Alzaga, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Ma ha ricevuto in udienza le delegazioni provenienti da Rieti e Saluzzo, con i rispettivi vescovi, Vito Piccinonna e Cristiano Bodo.
Papa Francesco durante un'udienza (Archivio) - ANSA
Ispirandosi a san Francesco, che volle riprodurre a Greccio ciò che egli stesso aveva contemplato a Betlemme durante il suo viaggio in Terra Santa, papa Bergoglio ha detto: «Mentre contempliamo Gesù, Dio fatto uomo, piccolo, povero, inerme, non possiamo non pensare al dramma che stanno vivendo gli abitanti della Terra Santa, manifestando a questi nostri fratelli e sorelle, specialmente ai bambini e ai loro genitori, la nostra vicinanza e il nostro sostegno spirituale. Sono questi - ha sottolineato ancora - che pagano il vero conto della guerra». Inoltre, prendendo spunto dal particolare addobbo dell’albero, un abete bianco arrivato dal comune di Macra, in provincia di Cuneo, precisamente dalla Valle Maira, il Pontefice ha fatto notare: «È arricchito con stelle alpine (cinquemila circa ndr), coltivate in pianura, per tutelare quelle che crescono in alta montagna. Anche questa è una scelta che ci fa riflettere, evidenziando l’importanza della cura per la nostra casa comune: i piccoli gesti sono essenziali nella conversione ecologica, gesti di rispetto e gratitudine per i doni di Dio».
Più in generale, ha aggiunto Francesco, «davanti ad ogni presepe, anche a quelli realizzati nelle nostre case, noi riviviamo ciò che è avvenuto a Betlemme più di duemila anni fa; e questo dovrebbe risvegliare in noi la nostalgia del silenzio e della preghiera, nella nostra vita quotidiana spesso tanto frenetica». Silenzio «per poter ascoltare quello che Gesù ci dice da quella ‘’cattedra’’ singolare che è la mangiatoia. Preghiera, - ha spiegato Francesco - per esprimere lo stupore riconoscente, la tenerezza, magari le lacrime che la scena della Natività suscita in noi. E in tutto questo ci è di modello Maria: lei non dice nulla, ma contempla e adora».
Nella cerimonia pomeridiana anche il cardinale Vérgez ha messo in luce la valenza evangelizzatrice del presepe. «Siamo chiamati a farci annunciatori di Gesù ai nostri fratelli. Dobbiamo diffondere la notizia che il tempo in cui ha regnato la morte è finito, perché è nato il Salvatore». «È un dono che offriamo al mondo con impronta tutta francescana - ha sottolineato a sua volta monsignor Piccinonna -. La contemplazione del presepio porti attenzione verso ogni persona», specie dove c’è la guerra (il vescovo di Rieti ha ricordato che il conflitto in Terra Santa ha mietuto troppe vittime tra essi anche 5.300 bambini).
Quanto all’albero, alto 27 metri, come ha ricordato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha 50 anni e avrebbe dovuto essere abbattuto per ragioni di sicurezza. Quindi nessuna offesa all’ambiente. Dopo Natale il suo legno sarà impiegato per fare giocattoli. «Questo albero - ha concluso monsignor Bodo - lo lasciamo in dono, svettante verso il cielo, simbolo di vita, per augurare un Natale buono davvero e per attirare gli uomini a Gesù luce del mondo, facendolo avvertire come necessario soprattutto a una umanità triste e spenta». Parole che hanno dato ancora più risalto alle luci accese in piazza San Pietro. Comprese quelle sotto il Colonnato, dove ieri sera è stata offerta una cena ai senza dimora, organizzata dall’Elemosineria apostolica.