mercoledì 11 dicembre 2024
Al termine della catechesi del mercoledì l'appello di Francesco perché nella regione si raggiunga una soluzione politica. Anche per l'Ucraina la richiesta di trovare «una via d'uscita»
Papa Francesco tra la gente in aula Paolo VI, durante l'udienza generale di mercoledì 11 dicembre 2024

Papa Francesco tra la gente in aula Paolo VI, durante l'udienza generale di mercoledì 11 dicembre 2024 - Ansa

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«Auspico che si raggiunga una soluzione politica che, senza altri conflitti né divisioni, promuova responsabilmente la stabilità e l’unità del Paese»: con queste parole, pronunciate al termine della consueta udienza generale del mercoledì, svoltasi questa settimana in aula Paolo VI, papa Francesco ha lanciato un forte appello per la Siria. «Seguo ogni giorno quanto sta avvenendo in Siria, in questo momento così delicato della sua storia», ha detto il Pontefice. «Prego, per intercessione della Vergine Maria, che il popolo siriano possa vivere in pace e sicurezza nella sua amata terra - ha aggiunto -, e le diverse religioni possano camminare insieme nell’amicizia e nel rispetto reciproco per il bene di quella Nazione, afflitta da tanti anni di guerra».

Poi il pensiero è andato anche ai conflitti ancora in corso: «E penso sempre alla martoriata Ucraina che sta soffrendo tanto di questa guerra. Preghiamo perché si trovi una via di uscita. E penso alla Palestina, a Israele, al Myanmar. Che torni la pace, che ci sia pace! La guerra sempre è una sconfitta. Preghiamo per la pace».

Tra i saluti finali anche uno particolare a un gruppo di Vigili del fuoco provenienti da Chieti: «Colgo l’occasione per esprimere a voi e a tutti i vostri colleghi il mio apprezzamento per ciò che rappresentate e per quello che fate in favore della collettività, sia nei servizi quotidiani sia nelle grandi emergenze», ha detto il Pontefice.

Nella sua catechesi, dedicata al tema «Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!”. Lo Spirito Santo e la speranza cristiana», ultima del ciclo dedicato a «Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il Popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza», Francesco si è soffermato sul senso dell'attesa, ricordando, in particolare, quella della «venuta del Signore».

Il «vieni», ha notato il Papa, oggi è spesso rivolto proprio anche allo Spirito Santo, «vero “alter ego” di Cristo, Colui che ne fa le veci, che lo rende presente e operante nella Chiesa».

Speranza, ha proseguito Bergoglio, «non è una parola vuota, o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio: la speranza è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. E per questo si chiama virtù teologale: perché è infusa da Dio e ha Dio per garante. Non è una virtù passiva, che si limita ad attendere che le cose succedano. È una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere».

Ma il cristiano, ha notato ancora il Papa, «non può accontentarsi di avere speranza; deve anche irradiare speranza, essere seminatore di speranza. È il dono più bello che la Chiesa può fare all’umanità intera, soprattutto nei momenti in cui tutto sembra spingere ad ammainare le vele». Inoltre, ha concluso Francesco, «non sarà tanto la forza degli argomenti a convincere le persone, quanto l’amore che in essi sapremo mettere. Questa è la prima e più efficace forma di evangelizzazione. Ed è aperta a tutti!»

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