lunedì 17 giugno 2024
Da Francesco l'appello a far cessare le violenze perpetrate da terroristi islamici nel Paese africano. La catechesi sulla necessità di attendere con fiducia che la semina del Vangelo dia frutto
Francesco saluta i fedeli in piazza San Pietro

Francesco saluta i fedeli in piazza San Pietro - Vatican Media

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Le tragiche notizie provenienti dalle crisi internazionali che stanno insanguinando il mondo, sono state al centro della preghiera con cui il Papa ha concluso l’Angelus in piazza San Pietro di domenica 16 giugno. Francesco ha infatti invitato i fedeli a non smettere di pregare per la pace in Ucraina, in Terra Santa, in Sudan, Myanmar «e ovunque si soffre per la guerra». Particolarmente dolorosa la riflessione su quanto sta avvenendo nella Repubblica Democratica del Congo dove negli ultimi giorni si sono contate oltre 120 vittime di attacchi terroristici commessi da gruppi che si autodefiniscono jihadisti. «Rivolgo il mio appello alle autorità nazionali e alla comunità internazionale – ha detto in proposito Francesco -, affinché si faccia il possibile per la cessazione delle violenze e per la salvaguardia della vita dei civili. Tra le vittime, molti sono cristiani uccisi in odium fidei. Sono martiri. Il loro sacrificio è un seme che germoglia e porta frutto, e ci insegna a testimoniare il Vangelo con coraggio e coerenza». E a proposito di martiri, sabato scorso nel santuario della Divina Misericordia di Lagiewniki, in Polonia è stato proclamato beato il sacerdote Michele Rapacz (1904-1946) ucciso dal regime comunista, dopo aver conosciuto anche l’odio nazifascita. «Pastore secondo il cuore di Cristo – lo ha definito il Pontefice – fedele e generoso testimone del Vangelo, ha risposto alla violenza con il dono della vita». Dal Papa in piazza San Pietro anche «un pensiero di gratitudine ai donatori di sangue, che hanno appena celebrato la loro Giornata nazionale».

La catechesi
In precedenza, commentando il Vangelo del giorno, Francesco si era soffermato sull’atteggiamento di «fiduciosa attesa» che deve caratterizzare il credente, allo stesso modo del contadino che, gettato il seme nel terreno, attende che germogli e dia frutto. «Anche il Regno di Dio è così – ha detto Francesco -. Il Signore mette in noi i semi della sua Parola e della sua grazia, semi buoni e abbondanti, e poi, senza mai smettere di accompagnarci, aspetta con pazienza. Il Signore continua a prendersi cura di noi, con la fiducia di un Padre, ma ci dà tempo – il Signore è paziente – affinché i semi si aprano, crescano e si sviluppino fino a portare frutti di opere buone. E questo – ha continuato il Pontefice - perché vuole che nel suo campo nulla vada perduto, che tutto giunga a piena maturazione; vuole che tutti noi possiamo crescere come spighe cariche di chicchi».

Fedeli in piazza San Pietro per la recita dell'Angelus

Fedeli in piazza San Pietro per la recita dell'Angelus - Vatican Media

È uno stile, quello adottato da Dio, che per noi deve costituire una scuola. «Facendo così – ha spiegato il Papa -, il Signore ci dà un esempio: insegna anche a noi a seminare fiduciosamente il Vangelo là dove siamo, e poi ad attendere che il seme gettato cresca e porti frutto in noi e negli altri, senza scoraggiarci e senza smettere di sostenerci e aiutarci a vicenda anche là dove, nonostante gli sforzi, ci sembra di non vedere risultati immediati. Spesso infatti – ha concluso Bergoglio - anche tra noi, al di là delle apparenze, il miracolo è già in atto, e a suo tempo porterà frutti abbondanti!».


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