Francesco durante la Messa nella Domenica della Parola - Ansa
La Parola, quella che si scrive in maiuscolo perché viene da Dio, e le parole, in minuscolo, degli uomini. Nella domenica che richiama la centralità della Sacra Scrittura per il credente, il Papa ha evidenziato come troppo spesso anche i cristiani trascurino gli insegnamenti davvero importanti per dare spazio all’effimero, all’inconsistente, al superfluo. «Travolti da mille parole – ha detto Francesco durante l’omelia della Messa celebrata in San Pietro -, ci lasciamo scivolare addosso pure la Parola di Dio: la sentiamo, ma non la ascoltiamo; la ascoltiamo, ma non la custodiamo; la custodiamo, ma non ci lasciamo provocare per cambiare. Soprattutto, la leggiamo ma non la preghiamo, mentre la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo». Di qui l’invito, a tornare “con gioia” alle sorgenti della fede, «che nasce dall’ascolto di Gesù, Verbo del Dio vivente. Mentre si dicono e leggono in continuazione parole sulla Chiesa, ci aiuti a riscoprire la Parola di vita che risuona nella Chiesa! Altrimenti – ha aggiunto il Pontefice - finiamo per parlare più di noi che di Lui; e tante volte al centro rimangono i nostri pensieri e i nostri problemi, anziché Cristo con la sua Parola. Ritorniamo alle sorgenti per offrire al mondo l’acqua viva che non trova; e, mentre la società e i social accentuano la violenza delle parole, noi stringiamoci alla mitezza della Parola di Dio che salva, che è mite, che non fa rumore, che entra nel cuore».
E a rafforzare la sua riflessione, il Papa ha portato l’esempio di grandi santi la cui vita è stata trasformata dalla Parola. Come sant’Antonio, che, colpito da un passo del Vangelo mentre era a Messa, lasciò tutto per il Signore; pensiamo a Sant’Agostino, la cui vita svoltò quando una parola divina gli risanò il cuore; pensiamo a Santa Teresa di Gesù Bambino, che scoprì la sua vocazione leggendo le lettere di San Paolo. E penso al santo di cui porto il nome, Francesco d’Assisi, il quale, dopo aver pregato, legge nel Vangelo che Gesù invia i discepoli a predicare ed esclama: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!”». Sulla scorta di questa considerazione la domanda sul perché per molti di noi non accade lo stesso. Forse perché frequentiamo la Parola troppo poco. Per esempio, «quale posto – ha chiesto Francesco - riservo alla Parola di Dio nel luogo dove abito? Lì ci saranno libri, giornali, televisori, telefoni, ma dov’è la Bibbia? Nella mia stanza, tengo il Vangelo a portata di mano? Lo leggo ogni giorno per ritrovarvi la rotta della vita? Porto nella borsa un piccolo esemplare del Vangelo per leggerlo? Tante volte ho consigliato di avere sempre il Vangelo con sé, in tasca, nella borsa, nel telefonino: se Cristo mi è caro più di ogni cosa, come posso lasciarlo a casa e non portare con me la sua Parola? E un’ultima domanda: ho letto per intero almeno uno dei quattro Vangeli? Il Vangelo è il libro della vita, è semplice e breve, eppure tanti credenti non ne hanno mai letto uno dall’inizio alla fine».
Il Papa ieri all'Angelus - Ansa
Durante la Messa nella Domenica della Parola, il Pontefice ha conferito il ministero del lettorato e del catechista a diversi laici e laiche. Poi all’Angelus la sottolineatura di come portare la salvezza di Dio a tutti sia stata per Gesù la felicità più grande, la sua missione, il senso della sua esistenza «o, come dice Lui, il suo cibo. E in ogni parola e azione con cui ci uniamo a Lui, nella bellissima avventura di donare amore, la luce e la gioia si moltiplicano: non solo attorno a noi, ma anche in noi. Annunciare il Vangelo, dunque- ha ribadito Francesco -non è tempo perso: è essere più felici aiutando gli altri a essere felici; è liberarsi da sé stessi aiutando gli altri ad essere liberi; è diventare migliori aiutando gli altri a essere migliori!».
A margine della preghiera mariana il dolore per il rapimento, ad Haiti, di un gruppo di persone, tra cui sei religiose: nel chiederne accoratamente il rilascio, prego – ha detto il Pontefice - per la concordia sociale nel Paese e invito tutti a far cessare le violenze, che provocano tanta sofferenza a quella cara popolazione. Quindi l’invito a chiedere e a impegnarsi per l’unità dei cristiani e a non stancarsi mai di «invocare il Signore per la pace in Ucraina, in Israele e in Palestina, e in tante altre parti del mondo: a soffrirne la mancanza sono sempre i più deboli. Penso ai piccoli, ai tantissimi bambini feriti e uccisi, a quelli privati di affetti, privati di sogni e di futuro. Sentiamo la responsabilità di pregare e di costruire la pace per loro!».