Ansa
Francesco segue con preoccupazione l’evolvere della situazione in Afghanistan, ed esprime dolore per le vittime degli attentati di giovedì scorso, all'aeroporto di Kabul, con un bilancio di quasi 200 morti: Partecipo alla sofferenza di quanti piangono per le persone che hanno perso la vita negli attacchi suicidi avvenuti giovedì’ scorso, e di coloro che cercano aiuto e protezione. Affido alla misericordia di Dio Onnipotente i defunti, ringrazio chi si sta adoperando per aiutare quella popolazione così provata, in particolare le donne e i bambini.
Francesco chiede al mondo di “continuare ad assistere i bisognosi e a pregare perché il dialogo e la solidarietà portino a stabilire una convivenza pacifica e fraterna e offrano la speranza per il futuro del Paese”. In un momento come questo, aggiunge, non si può rimanere indifferenti: La storia della Chiesa ce lo insegna, come cristiani, questa situazione ci impegna per questo rivolgo un appello a tutti, a intensificare la preghiera e a praticare il digiuno, preghiera e digiuno, preghiera e penitenza, questo è il momento di farlo. Sto parlando sul serio, intensificare la preghiera e praticare il digiuno, chiedendo al Signore misericordia e perdono.
All'angelus
Porre in secondo piano "il cuore della fede" è il pericolo da cui Francesco ci mette in guardia. L'episodio e le parole di Gesù riportate nel Vangelo della Liturgia odierna, spiega all'Angelus il Papa, possono sembrare rivoluzionare anche all'uomo di oggi. Ci sono i farisei e gli scribi, racconta l'evangelista Marco, che sono scandalizzati dal fatto che i discepoli di Cristo non eseguono le tradizionali abluzioni rituali prima di avvicinarsi alla mensa. Un atteggiamento incomprensibile perchè contrario alla pratica religiosa del tempo e che, dice il Papa, potrebbe interrogarci.
"Ma Gesù non vuole esteriorità": Anche noi potremmo chiederci: ma perché Gesù e i suoi discepoli trascurano queste tradizioni? In fondo non sono cose cattive, ma sono buone abitudini rituali, semplici lavaggi prima di prendere cibo. Ma perché Gesù non ci bada? Perché per Lui è importante riportare la fede al suo centro (...) Ed evitare un rischio, che vale per quegli scribi come per noi: osservare formalità esterne mettendo in secondo piano il cuore della fede. Anche noi tante volte ci trucchiamo l'anima. È il rischio di una religiosità dell’apparenza: apparire per bene fuori, trascurando di purificare il cuore. C’è sempre la tentazione di “sistemare Dio” con qualche devozione esteriore, ma Gesù non si accontenta di questo culto. Gesù non vuole esteriorità, vuole una fede che arrivi al cuore. Francesco prosegue la catechesi seguendo il racconto di Marco che cita la frase di Gesù, "Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro". Invece, è "dal di dentro, dal cuore" che nascono le cose cattive:
Queste parole sono rivoluzionarie, perché nella mentalità di allora si pensava che certi cibi o contatti esterni rendessero impuri. Gesù ribalta la prospettiva: non fa male quello che viene da fuori, ma quello che nasce da dentro. Banco di prova della concretezza dell'insegnamento evangelico è la vita e il parlare quotidiano. Per questo, ancora una volta Francesco ci invita a guardarci attraverso lo specchio delle nostre azioni:
Quante volte incolpiamo gli altri, la società, il mondo, per tutto quello che ci accade! È sempre colpa degli altri della gente, di chi governa, della sfortuna. Sembra che i problemi arrivino sempre da fuori. E passiamo il tempo a distribuire colpe; ma passare il tempo a incolpare gli altri è perdere tempo. Si diventa arrabbiati, acidi e si tiene Dio lontano dal cuore. (...) Non si può essere veramente religiosi nella lamentela. La lamentela avvelena, ti porta alla: rabbia, al risentimento e alla tristezza, quella del cuore che chiude le porte a Dio.
L'invito del Papa è dunque quello di domandare la grazia di non inquinare il mondo con la lamentele "perchè non è cristiano". Imparare come facevano i Padri della Chiesa ad accusare se stessi piuttosto che gli altri è una via da imparare a percorrere per il bene nostro e dei nostri fratelli.