lunedì 26 agosto 2024
Il Papa ha ricevuto i partecipanti al Capitolo generale, degli Oblati di San Giuseppe, fondati da san Giuseppe Marello, che hanno rieletto superiore generale padre Jan Pelczarski (Polonia)
Papa Francesco saluta il superiore generale degli Oblati di San Giuseppe, padre Pelczarski

Papa Francesco saluta il superiore generale degli Oblati di San Giuseppe, padre Pelczarski - Vatican media

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«Come sapete, anche la mia famiglia ha origini astigiane. Abbiamo radici comuni in quella terra di Piemonte, che ha dato i natali al vostro fondatore san Giuseppe Marello. Terra bella, quella, del buon vino… Bella terra». Inizia con una battuta l’udienza che il Papa ha concesso stamattina nella Sala Clementina ai partecipanti al XVIII Capitolo generale degli Oblati di San Giuseppe, congregazione religiosa maschile fondata nel 1878 da san Giuseppe Marello, allora segretario del vescovo di Asti e poi a sua volta vescovo di Acqui. Una udienza che avviene a ridosso della conclusione del Capitolo che ha rieletto superiore generale per un secondo mandato padre Jan Pelczarski, polacco, e che ha eletto un nuovo consiglio generalizio formato da padre Maximo Sevilla vicario generale (Filippine), padre Michael Odubela (Nigeria), padre Sebastian Meleth, (India), e padre Gregory Finn (Usa).

Nascondimento, paternità e attenzione agli ultimi

Papa Francesco nel suo discorso ha voluto sottolineare tre dimensioni dell’esistenza di san Giuseppe, a cui il fondatore degli Oblati ha voluto ispirarsi nel suo cammino spirituale.: nascondimento, paternità e attenzione agli ultimi. «Marello ha sintetizzato questo valore con il motto: “certosini in casa e apostoli fuori casa” – è bello, non sapevo questo, quando l’ho letto mi ha colpito, una bella sintesi – ed è molto importante» ha detto papa Francesco parlando della prima dimensione, quella del nascondimento, e invitando gli Oblati a «radicare la vostra vita di fede e la vostra consacrazione religiosa in un quotidiano “stare” con Gesù», che si attua nella preghiera, nella partecipazione ai Sacramenti, alla meditazione della Parola di Dio e «all’Adorazione eucaristica, sia personale sia comunitaria». Indicazioni non solo di vita personale, ma che, se attuate, si rifletteranno «positivamente anche sul vostro apostolato, specialmente su quella missione che vi caratterizza di essere “apostoli dei giovani”. I giovani non hanno bisogno di noi: hanno bisogno di Dio! E più noi viviamo alla sua presenza, più siamo capaci di aiutare loro a incontrarlo, senza protagonismi inutili». Del resto il Capitolo ha posto il tema dei giovani al centro dei propri lavori, coinvolgendo in questo l’intera famiglia giuseppina marelliana:suore Oblate, laici e gli stessi giovani, che hanno avuto un loro spazio nel corso del Capitolo stesso.

"Siate guide sagge, pazienti e generose"

Sempre ai giovani, il Papa ha fatto riferimento parlando della dimensione della paternità, ricordano quanto scriveva lo stesso san Marello nella seconda metà dell’Ottocento: «Povera gioventù, troppo abbandonata e negletta, povera generazione crescente troppo lasciata in balia di te stessa!» (Lettera 31, 20 febbraio 1869). Per questi giovani servono «guide sagge, pazienti e generose. E tali vuole che siate voi, attenti al bene integrale dei giovani, concretamente presenti accanto a loro e alle loro famiglie, esperti nell’arte maieutica dei buoni formatori, saggiamente rispettosi dei tempi e delle possibilità di ciascuno» ha aggiunto il Papa. Infine l’attenzione ai poveri, «come ha dimostrato san Giuseppe prendendosi cura di Gesù e di Maria». E l’invito che «il nostro accogliere gli ultimi» non sia «chinarsi in modo paternalistico su una supposta loro “inferiorità”, ma condividere con loro la nostra stessa povertà».
E come accaduto all’inizio di questa udienza, il Papa - che ha inviato un saluto anche all’intera famiglia giuseppina marelliana - ha concluso volendo condivide «una cosa che ha me fa ridere». «Io ho nella mia stanza un dipinto di san Giuseppe dormiente, ma si dice che nella sua vita Giuseppe non poteva dormire, pativa delle insonnie, perché tutte le volte che si era addormentato gli avevano cambiato la vita» racconta il Papa, che però da questa battuta trae un insegnamento: «L’uomo che si lascia cambiare la vita: a me fa tanto bene pensarlo».

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