Ogni anno, in Italia si spendono più di 3 miliardi di euro e negli Usa più di 10 miliardi di dollari per comperare prodotti a base di vitamine. La maggior parte delle persone, infatti, crede che le vitamine facciano sempre bene. In effetti, lo scorbuto deriva dalla carenza di vitamina C, il rachitismo deriva dalla carenza di vitamina D e così via. Le vitamine sono necessarie, ma, soprattutto, sono utili se derivano dalla alimentazione. Non è detto che caricarsi di vitamine, sali ed altre sostanze chimiche attraverso preparati polivitaminici o attraverso prodotti che oggi vengono proposti come integratori alimentari siano utili. Una ragione che facilita la credulità è sicuramente dettata dall’idea che se le vitamine fanno bene è meglio assumerne tante ignorando il concetto quantitativo dei problemi. La dose non è insignificante di qualsiasi cosa si parli. Tutta una serie di studi, condotti su centinaia di migliaia di persone, di tipo osservazionale o sperimentale indica però che i supplementi di vitamine non proteggono dai tumori, dalle malattie cardiovascolari o la mortalità da varie cause. Al contrario, sappiamo che un eccesso di carotene, in soggetti con fattori di rischio, aumenta la possibilità di sviluppare il tumore del polmone. Uno studio, effettuato analizzando i risultati di 84 ricerche che hanno complessivamente coinvolto 700.000 partecipanti, nega qualsiasi valore preventivo o terapeutico a coloro che utilizzano questi prodotti.
Evidentemente una ben orchestrata campagna pubblicitaria, spesso ingannevole, riesce a convincere il pubblico anche per la mancanza di qualsiasi informazione indipendente da parte del nostro Ministero della Salute, che purtroppo non spende una parola per proteggere i cittadini da spese inutili. Ma anche i medici dovrebbero insegnare ai loro pazienti l’inutilità di questi preparati, mentre invece li prescrivono spesso per quieto vivere e altre volte a causa della cosiddetta medicina difensiva (fare e firmare ciò di cui non si è convinti, per non essere accusati di trascuratezza o negligenza: un paradosso).
Le campagne pubblicitarie recano molti termini che suonano bene. Ad esempio “sono prodotti naturali”. La natura viene considerata “buona” ma i peggiori veleni sono presenti in natura e virus e batteri sono assolutamente naturali.
In questo periodo segnato dal Covid- 19, se si fa attenzione, possiamo notare che non manca il termine “immunità”. Gli integratori alimentari migliorano le risposte immunitarie, si oppongono all’invecchiamento, correggono la tendenza alle malattie muscolo-scheletriche. Ma chi lo ha mai dimostrato? Si inventano effetti sulla fatica, su di una vita più attiva utilizzando marchi di grande effetto.
Questa credulità è in palese contrasto con l’opposizione che molti invece esercitano contro i vaccini per cui esistono incontestabili prove di efficacia.
È molto difficile cambiare le idee alla gente quando tutto è a disposizione del mercato senza possibilità di una opposizione. La mancanza della scienza nella nostra scuola facilita l’avvento di un mercato ingannevole. Fin da giovani si dovrebbe imparare che per sapere se qualcosa fa bene o fa male bisogna rivolgersi alla scienza, la sola che possiede la metodologia per rispondere alla domanda. Se la scienza come fonte di conoscenza fosse adeguatamente insegnata sarebbe più difficile accettare messaggi non veritieri, perché verrebbe spontaneo, almeno a molti, esigere che si presentino le prove che giustifichino le affermazioni. Vogliamo provare a migliorare lo spirito critico.